buongiorno.
sono un po' imbarazzato. è la prima volta. beh, in realtà no. è la seconda. ma la prima conta poco: avrò avuto 12 anni, i miei genitori mi portarono da una sua collega. perché ero inquieto. mi mangiavo le unghie. la sua collega mi disse di giocare con una palla di gomma.
senta, è meglio che glielo dica subito: la verità è che non ho fiducia. lo so, non è bello sentirselo dire. a 25 anni pensavo di essere un sensibilone e invece ero completamente ignaro del male che potevo fare e che avrei fatto agli altri anche solo con le parole. oggi capisco un po' di più. e capisco che quando mi dicono che non si fidano dell'avvocato io ci rimango male. di solito sono io dall'altra parte della scrivania. il che fa tutta la differenza.
non ho fiducia. devo sapere a chi sto parlando. magari Lei è uno che la sera torna a casa e guarda ballarò. magari fa questo lavoro per comprarsi la macchina nuova. magari ha dei gusti che trovo orribili. magari è stupido. è uno che si è laureato tirando a campare, o, peggio, studiando con profitto. ha preso la laurea, ha fatto il suo tirocinio, e bene o male ha iniziato a fare questo mestiere. ha imparato quelle quattro balle, ha letto quei quattro libri, ha messo insieme un po' di pratica, e via. proprio come noi avvocati.
invece io voglio uno che sia più intelligente di me, più sveglio di me, più bravo di me, più buono di me. altrimenti perché sono qui? anche lo stupido ti può dare buoni consigli, dicono. forse è vero. come quei personaggi dei libri che hanno sempre la frase del nonno o della nonna da tirare fuori, la saggezza contadina, la virtù del piccolo uomo. quando ti tirano fuori la frase del nonno che "diceva sempre", non c'è più niente da dire. sì, forse. i miei nonni erano quasi analfabeti. erano uomini di una bontà infinita, e io fui sempre felice di vederli. ogni volta che c'era una festa con i nonni mi si gonfiava il cuore, anche da grandicello. però di frasi celebri non ne hanno tramandate, purtroppo.
io lo so che a Lei non gliene frega niente, questo è il punto.
dice: è giusto così, mica si deve compenetrare dei tuoi problemi. è un tecnico, ti aiuta. ti fa domande mirate e capisce, e tu di conseguenza. pensa se un medico dovesse soffrire per ogni malato che vede. non potrebbe fare il medico. giusto. quelli infatti sentono le canzoni mentre ti aprono la pancia. e mentre stai morendo, solo, in un fottuto letto d'ospedale, discutono del turno o decidono dove andare a cena.
guardi, lo sa di cosa ho paura? ho paura di sentirmi dire che ho avuto carenze affettive. lo vuole sapere subito? non le ho avute. ho avuto un'infanzia felice. ho paura che Lei prima o poi mi dica che devo avere più stima di me stesso. la prego, non me lo dica mai. e più di tutto, ho paura che Lei sia completamente incapace di risolvere qualsiasi problema. e adesso che gliel'ho detto, è ancora peggio.
magari invece sono tutti così, i suoi clienti. magari sono un cliente tipo. sarebbe bello. almeno ci sarebbe sui libri la strategia giusta. "in questo caso, è opportuno trattare il paziente con cordiale fermezza, farlo sentire a suo agio ma nel contempo reagire alle sue provocazioni". magari è normale che il cliente insulti il terapista. a pensarci bene, l'uomo segue comportamenti-tipo in ogni sua manifestazione. sarebbe ben strano che non lo facesse anche in questo caso. mi conforti, mi dica che sono il più qualunque possibile.
e poi devo sapere chi è Lei. che cosa vota, e perché; che libri legge. se legge. se è cattolico, se è ateo. devo sapere tutto di Lei. se Lei è uno che crede alla resurrezione dei corpi, già andiamo male. la mia fiducia se la deve conquistare. ma non perché non voglia parlare di me con Lei, no no. l'altro giorno ho parlato di cose intimissime a uno che avevo visto una sola volta prima. se vuole Le racconto tutto. è che non voglio essere deluso. voglio essere aiutato, ecco perché sono qui. sono arrivato fin qui per questo. capisce?
e con questo, credo che sia finito il tempo a mia disposizione, giusto?
martedì 30 settembre 2008
buongiorno
scoreggiato da pim alle ore 23:49
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