sabato 22 dicembre 2012

il corpo è elettrico, ma la spina è staccata

The sprawl and fulness of babes, the bosoms and heads of women, the folds of their dress, their style as we pass in the street, the contour of their shape downwards, The swimmer naked in the swimming-bath, seen as he swims through the transparent green-shine, or lies with his face up and rolls silently to and from the heave of the water, The bending forward and backward of rowers in row-boats, the horse-man in his saddle, Girls, mothers, house-keepers, in all their performances, The group of laborers seated at noon-time with their open dinner-kettles, and their wives waiting, The female soothing a child, the farmer's daughter in the garden or cow-yard, The young fellow hosing corn, the sleigh-driver driving his six horses through the crowd, The wrestle of wrestlers, two apprentice-boys, quite grown, lusty, good-natured, native-born, out on the vacant lot at sundown after work, The coats and caps thrown down, the embrace of love and resistance, The upper-hold and under-hold, the hair rumpled over and blinding the eyes; The march of firemen in their own costumes, the play of masculine muscle through clean-setting trowsers and waist-straps, The slow return from the fire, the pause when the bell strikes suddenly again, and the listening on the alert, The natural, perfect, varied attitudes, the bent head, the curv'd neck and the counting; Such-like I love- I loosen myself, pass freely, am at the mother's breast with the little child, Swim with the swimmers, wrestle with wrestlers, march in line with the firemen, and pause, listen, count.

Il corpo morbido e pieno dei neonati, il petto e il capo delle donne, le pieghe delle loro vesti, il loro stile mentre attraversiamo la strada, la loro sagoma dall’alto in basso, il nuotatore nudo in piscina, visto mentre nuota attraverso il trasparente verdebrillìo, o fa il morto e dondola silenziosamente avanti e indietro sul sollevarsi dell’acqua, il piegarsi ritmico dei rematori sulle barche, il cavaliere sulla sua sella, ragazze, madri, massaie che fanno le loro faccende, il gruppo dei manovali seduti a mezzogiorno con le loro gamelle aperte, e le mogli che aspettano, la donna che calma un bambino, la figlia del fattore nel giardino o nel prato, il giovane che sarchia il granoturco, il cocchiere che guida i sei cavalli della sua slitta tra la folla, la lotta òdei lottatori, due apprendisti, sviluppati, vigorosi, di buona indole, nati lì, su uno spiazzo vuoto al tramonto dopo il lavoro, gettati a terra giacche e cappelli, l’abbraccio di amore e di resistenza, la presa sopra la vita e sotto la vita, i capelli scompigliati che scendono sugli occhi e li accecano; la marcia dei pompieri nella loro uniforme, il gioco dei muscoli mascolini attraverso i pantaloni puliti e le cinture, il lento ritorno dall’incendio, la pausa quando la campana riprende all’improvviso a suonare, il loro tendere l’orecchio all’allarme, le naturali perfette varie attitudini, la testa piegata, il collo curvo e il contare; cose simili io amo - io mi abbandono, passo liberamente, sono al seno della madre con il neonato, nuoto con i nuotatori, lotto con i lottatori, marcio in fila con i pompieri, e mi fermo, ascolto, conto. 


da I sing the body electric, in Foglie d'erba, Walt Whitman


Mi fermo sempre, prendendo a pugni la mia tenace avversaria, a guardare i lavoratori. I manovali, gli artigiani, gli operai. A volte mi sorprendono e sono felice. Sono felice quando le loro mani e le loro parole palesano animi puliti, alti.  Molto spesso non è così.
Nel bellissimo Mac, di e con John Turturro, un signore sta costruendo un muretto di mattoni davanti a casa sua. Turturro ferma l'auto e lo osserva. Ne vede l'attenzione, la cura, la quiete, la bellezza.

L'altro giorno c'era, per la strada, una squadra di installatori di impianti satellitari. Udivo i loro suoni, vedevo i loro gesti. Mi sono fermato solo un minuto, perché non volevo che mi notassero, cioè non volevo che capissero che li stavo guardando, e ascoltando. Mi sono fermato e ci sono rimasto male. Come ci rimango male di fronte al commesso del supermercato, al muratore, all'idraulico.
E' più forte di me. Non riesco a non intristirmi di fronte alla rozzezza spirituale, allo slancio nel brutto.

Mi trovo di fronte a una equazione quasi sempre verificata. Una verifica ogni volta amarissima.

Immagino un muratore che con la cazzuola spiana la malta sopra il mattone, lavora sul bordo, liscia, rifinisce, e poi un altro mattone, con rigore e precisione. Lo immagino dopo il lavoro, dopo cena, a casa, sprofondare nella lettura di Walt Whitman, di Lucrezio. A un falegname, un uomo che possiede l'arte della carpenteria, durante la pausa pranzo, o la mattina, appena sveglio, piace, io lo so, la prosa meticolosa e lussureggiante di Vladimir Nabokov. L'artista ammira l'artista. Nella mia testa c'è - non c'è dubbio -  un tapparellista che non bestemmia, un uomo onesto, che insegna il lavoro al giovane apprendista, il lavoro che a lui è stato insegnato da un altro maestro, una catena sconosciuta di mani esperte che hanno tramandato i loro segni, le loro abilità. Nella mia testa c'è un idraulico che sa di matematica.

Invece i miei sensi percepiscono bocche rabbiose, mani sbadate, menti opache.

Io non sono tanto bravo con le mani. Rifiuto di pensare all'agilità della mia sinistra sulla tastiera come a qualcosa di minimamente significativo. Se mi avessero bocciato una seconda volta in quarta ginnasio mio padre avrebbe senz'altro mantenuto la promessa di mandarmi a lavorare. Non mi avrebbe salutato dottore in giurisprudenza. Sarei andato sul cantiere e avrei imparato qualcosa. Avrei corrotto i congiuntivi e avrei menato botte. E la sera avrei ruttato sul divano. Come faccio adesso.


mercoledì 19 dicembre 2012

il più bravo del mondo

votate lui.
votate lui, il più bravo, il più simpatico, il più intelligente.
lui, col suo eloquio travolgente, i calzoni che cadono, l'accento toscano, le mani svolazzanti, l'incontenibile carnalità, il delizioso e affilato gusto della provocazione.
lui che ha osato toccare il pacco di pippo baudo, lui che avuto il coraggio di tampinare raffaella carrà, lui che ha preso in braccio enrico berlinguer, lui che è salito sulle ginocchia di enzo biagi.
lui che a ritirare l'oscar c'è andato saltando sulle sedie, non camminando come tutti gli altri.
lui che ha mostrato che il grande regista è colui che è capace di fare ridere e piangere insieme, più toccante di Charlie Chaplin.
lui che ha lanciato attrici del talento di nicoletta braschi, in capolavori come il piccolo diavolo, il mostro e johnny stecchino.
lui che ha saputo sciorinare in un minuto, in diretta tv, tutti i sinonimi dell'organo genitale maschile e di quello femminile.
lui che ha interpretato un indimenticabile Pinocchio e un eterno Clouseau.
lui che ha recitato Dante come nessuno, facendo sembrare dei dilettanti Vittorio Gassmann, Carmelo Bene e Vittorio Sermonti.
lui che, finalmente, ha spiegato a tutti la Costituzione, anche ai professori (Tania Groppi, docente universitario, ha dichiarato di aver preso anche appunti per i suoi studenti - radiotre, oggi)

ma che ve lo dico a fa'? non serve tessere le lodi del più amato dagli italiani.

in Italia ci sono state, a mia modesta memoria, solo due persone che hanno avuto l'ardire di mettere in discussione il genio di roberto benigni. il primo è pino quartullo, regista e attore modesto, il quale ebbe la brillante idea di ironizzare sul nostro in un programma di raiuno, e dopo quella volta nessuno sentì più parlare di lui. il secondo è giuliano ferrara col suo foglio, sulle cui pagine improvvisò una campagna di boicottaggio contro benigni in occasione di un festival di sanremo di qualche anno fa, campagna che, come tutte le campagne di ferrara, non ebbe alcun successo.

io voglio lui, il roberto nazionale, alla guida del paese. lo voglio vedere tutti i giorni prendere in giro i politici e i corrotti, lui, cuore nero, buffone di corte, giullare del re, pagliaccio istituzionale. voglio vedere lui, la maschera a molla, la marionetta per adulti, il saltimbanco nazionale, il burattino dell'indignazione civile.

lo voglio sentire tutti i giorni, voglio sghignazzare a tutta strozza come tutti all'udire i suoi lazzi, le sue battute così originali su silvio berlusconi, il suo sarcasmo acre e pungente, la sua dialettica torrenziale, il suo slancio panico, la sua cultura vasta e profonda ma popolare e accessibile al tempo stesso,  il suo umanesimo universale, il suo viso sbarazzino, la sua risata fresca e argentina e la sua imprevedibilità romantica e fanciullesca.

voglio tornare bambino anche io e stupirmi e ridere e pensare che alla fine, il nostro mondo è un bel posto dove stare e la vita, sì, è davvero bella.

domenica 2 dicembre 2012

to do's / 2

svegliarsi, accendere la tv, guardare il telegiornale, andare al cesso, fumare, lavarsi, vestirsi, andare a lavorare, lavorare, tornare a casa, accendere la tv, cucinare, mangiare, bere, fumare, guardare la tv, spegnere la tv, spararsi.