mercoledì 24 agosto 2011

sentiamo l'indice

non riesco a capacitarmi e, come è nel mio carattere, non riesco a non pensarci ogni volta, del fatto che l'acronimo dell'indice dei maggiori titoli quotati in borsa a milano, il cosiddetto FTSE MIB, venga da tutti pronunciato "FUZZI MIB"
questa cosa del fuzzi mi manda in bestia.
a parte la solita patetica cosa da colonizzati, che cazzo c'entra? ma perché? perché fuzzi?
e va bene, non è fuzzi, è futsi? futsi? footsie? tootsie? a parte che tutti dicono fuzzi e non futsi, la cosa non cambia.
ho capito. forse per continguità con fuzzy: l'indice sfuocato, anzi, l'indice confuso. sarebbe geniale. colleghiamoci col nostro inviato per sapere a che punto è oggi l'indice confuso della borsa.
spero che qualcuno abbia già scritto questa cosa dell'indice fuzzy. è troppo idiota perchè sia io l'unico.

teorema di dominicus

al mondo ci sono persone semplici e persone complesse.
le persone semplici amano persone semplici o persone complesse. le persone complesse sanno amare solo persone complesse. che sono rare.

lunedì 22 agosto 2011

e per la seconda volta avevamo le maschere e i boccagli e guardavamo quel mondo colorato e immenso prima invisibile e incredibile, e mentre nuotava mi metteva il braccio intorno al collo perchè aveva un po' paura, tutto quel mondo era troppo, in un secondo.

e c'era una luna a metà, che era proprio rossa, rossa, bassa e grande. e tutte le stelle. e io ero veramente sulla sdraio, e lui era veramente disteso sopra di me, la testa poggiata sul mio petto e le gambe un po' piegate, che mi parlava e mi faceva domande. e poi ci siamo addormentati.

venerdì 19 agosto 2011

adriano panatta

bjorn borg, uomo completamente pazzo e tennista impossibile da descrivere, ha vinto, tra i suoi numerosi trofei, il torneo del roland garros sei volte. vi ha partecipato otto volte. le due volte che non ha vinto è stato sconfitto dallo stesso giocatore.

adriano panatta.

adriano panatta è stato il secondo miglior giocatore italiano di tennis della storia (il primo è stato nicola pietrangeli). non parlo dei risultati, parlo del talento. col suo talento, panatta avrebbe potuto vincere molto, molto di più di quel poco che ha vinto. ma questo è discorso un po' trito, un po' inutile, un po' stupido. quindi perfetto per il contesto in cui viene espresso.

ho letto un libro di memorie tennistiche scritto da panatta. ci sono gli aneddoti, i ritratti dei campioni visti da vicino e fuori dal campo, le cronache degli incontri importanti. è, purtroppo, un libro troppo autocelebrativo. se uno non fosse molto documentato, penserebbe di leggere la storia del più grande di tutti i tempi, il campeador del tennis. i documenti ci tramandano una storia diversa.

panatta aveva un braccio d'oro. purtroppo amava le fettuccine più degli allenamenti. altri, come lui, hanno raccolto poco rispetto a quanto donato loro da madre natura: nastase, leconte, stich, hana mandlikova (giocatrice sublime), jana novotna, il grandissimo miroslav mecir, e sicuramente anche john mcenroe.

come mcenroe, panatta io l'ho visto giocare dal vivo, al torneo wct di milano, quando appunto esisteva ancora il wct, esisteva ancora il torneo di milano (quello serio), esisteva ancora il palazzetto dello sport di milano.

quando lo vidi, adriano era già in fase calante, sebbene giovane. mi sembra fosse in campo contro tanner, giocatore dalle qualità tennistiche infinitamente inferiori alle sue. tanner vinse agevolmente.

mi diverte pensare a roscoe tanner. di tanner si diceva una cosa sola, che era l'unica cosa che si poteva dire di lui, cioè che aveva un servizio-bomba. oggi il servizio-bomba di tanner sarebbe considerato una rimessa in gioco. beata gioventù.

comunque, io mi trovo in tribuna vip, a due metri dal campo, e sto guardando panattone che soffre come un cane contro tanner, e non gliene va bene una.

panattone è in quella fase della vita in cui raschia il fondo del barile. è già arrivato a fare pubblicità alla linea di deodoranti Brut 33 di Fabergé, alle scarpe Forte ("sono la base del mio gioco") e alla racchetta Vip. una volta era cosa meno normale per un tennista fare pubblicità.

è già sotto nel punteggio. il match è in salita e lui sa che non ce la farà.

sta rispondendo. tanner non mette la prima. mentre si prepara a servire la seconda, panatta prende posizione mezzo metro in più dentro al campo. in quel momento un tizio dietro di me gli grida "Adriano, stai più indietro!"

lui si volta verso di noi, affranto, esausto, e parla.

"ma vaffanculo"

questo è quello che posso dire di adriano panatta.

giovedì 11 agosto 2011

la poetica Garnier e la cromoterapia: per un approccio scientifico al volersi bene

sono stato lettore appassionato del settimanale Io Donna per anni.
la direttrice Fiorenza Vallino rispose persino a una mia lettera.

da tempo - attribuisco la colpa al nuovo direttore - la rivista mi piace meno.
quando posso, però, la leggo sempre. nel senso che la leggo solo se non devo comprarla.

il numero del 16 luglio scorso è una miniera. scelgo la pepita più preziosa: a pagina 110 troviamo un articolo di una signora che si chiama Paola Tavella* (rilevo un errore nel sommario).
l'articolo si intitola "giocare a zona". il sottotitolo dice "marcare stretti gli inestetismi di stagione".

ù.

più che i termini mutuati con palpitante originalità dal gergo calcistico, che, sono d'accordo, è opportuno venga democraticamente allargato alle signorine, è proprio il contenuto che mi ha colpito, e affondato.

la Tavella dà alcune raccomandazioni che mi premuro di riportare.
dice l'Autrice che è importante, oltre che la scelta di prodotti adatti per prendersi cura del proprio corpo, anche "comunicare con le parti del corpo che volete migliorare o curare"
per esempio, "inviate messaggi incoraggianti al vostro interno braccia se non ha la consistenza che desiderate, e ai cuscinetti sui fianchi se si ostinano a restare mentre voi vorreste vederli scomparire"
preparata di fronte a comprensibili sussulti, l'Autrice si affretta subito a precisare che "non sono fantasie, è la scienza a suggerirlo" e all'uopo rimanda a "recenti ricerche sul Dna" le quali avrebbero dimostrato che le nostre cellule reagiscono all'atteggiamento che abbiamo verso di esse.
pertanto, insiste, "mentre massaggiate le creme o applicate i fanghi, non dimenticate di inviare messaggi amorevoli alla parte di voi stesse che volete curare"

ma non è tutto.

è importante "visualizzare il colore più terapeutico per ogni zona, secondo i dettami della moderna cromoterapia: rosso per le gambe, arancione per i fianchi e i glutei, giallo per il ventre, verde smeraldo per il petto e blu cielo per il collo e le braccia".

sono d'accordo su tutto. se poi lo dice la scienza, allora siamo a posto.
è importante prendersi cura del proprio corpo, e parlargli.
"non parliamo abbastanza, noi due" sembra dirci, se ci pensiamo.
"perché non mi ascolti?" è un'altra delle sue domande frequenti.
parliamo, dunque, parliamo. dobbiamo parlare di più. mentre ci facciamo la ceretta, ascoltiamo la giornata del nostro polpaccio; incoraggiamo il ventre, consoliamo il piede, sosteniamo con fermezza la coscia, confortiamo il collo, pungoliamo, gentilmente, la palpebra; sussurriamo, non è difficile! qualche parola dolce al nostro sedere. lui vuole sentirla da noi, non solo dagli altri. e noi tante volte lo ignoriamo, giusto? anzi, siamo sempre lì a denigrarci. sono troppo grassa, ho le gambe grosse, corte, storte, ho il naso troppo importante, le orecchie a sventola, il seno cadente, i piedi larghi, i denti gialli, la pancia, le rughe, il culo piatto, il culo largo, la cellulite, le vene varicose, l'acne, i punti neri, la buccia d'arancia, i cuscinetti adiposi, le smagliature!
no. non è così che si fa. dobbiamo fare tutto il contrario, da oggi in poi.

colori e parole gentili. questo è il segreto.

certo, i colori. ma attenzione a non sbagliare. le tette vogliono il verde, verde smeraldo. guai a massaggiarci il seno pensando al rosso: potrebbe sgonfiarsi, immelanconito, o scoppiare d'ira, furibondo. e il blu, per carità, che sia un blu cielo.

adesso vado a letto. per prendere sonno più in fretta indulgerò al buon vecchio autoerotismo. il problema è che non so che colore pensare, affinché l'operazione si svolga nel modo migliore per tutti.

proverò col nero. nero buio.

ù.

*Giornalista e scrittrice, vive a Genova dove è nata. Oltre a guadagnare il pane (e talvolta le rose) per sé, i suoi figli e il cane Stella, insegna yoga kundalini, coltiva le piante e si gode il buon tempo con le sue amiche.
che profilo accattivante, eh?
noi maschi senz'altro ci ritroveremmo in un profilo omologo:
Mario, operaio specializzato, vive a Sesto San Giovanni, ma è originario della Calabria. Quello che rimane dello stipendio, pagato il mutuo e la soppressata, lo spende per seguire in trasferta la sua squadra del cuore. Il resto del tempo libero lo passa al bar, dove si ubriaca, bestemmia e tocca il culo alla cameriera.

venerdì 5 agosto 2011

enimmi

Io non l'avevo capito che Zumbo era depresso.
Zumbo.
era il mio professore di educazione tecnica alle medie (o si diceva applicazioni tecniche? non mi ricordo). perse la moglie, restò vedovo. si mise un bottone a lutto sulla giacca, una giacca grigio chiaro, per lui una divisa.
non so perchè a me mi chiamava buratti. io non mi chiamo buratti. e il mio cognome non assomiglia per niente a buratti. buratti era uno che era stato mio compagno in seconda media, da ripetente. e venne bocciato pure quell'anno, se ben ricordo. alle medie io in classe avevo gente di 18 anni. erano parcheggiati lì fino alla maggiore età. poi li cacciavano via e potevano finalmente andare a lavorare.
vabè. Zumbo era strano. era meridionale, piccoletto, grasso e pelato. nel complesso non bello, come uomo. faceva sempre le stesse battute, a cui rideva solo lui (come me). per esempio quando faceva una domanda facile e tutti si affrettavano ad alzare la mano o a parlare, lui interrompeva e diceva, alzando un dito, e quasi balbettando per l'emozione: "un... un fesso per volta". forse oggi mi farebbe ridere, questa battuta. se fossi in classe ora, davanti a Zumbo, con la sua giacca col bottone nero, e lui dicesse "un fesso per volta" riderei come un matto.
all'epoca no. quando sei ragazzino non capisci molto. mi correggo. quando io ero ragazzino non capivo molto delle cose, delle persone, delle situazioni. non capivo niente.
l'unica cosa che capivo era che Zumbo aveva sofferto molto per la morte della moglie. si vedeva.
però per esempio non capivo perchè ci accompagnasse sempre lui alle gite. a tutte. a tutte le gite c'era lui. il problema era che vomitava sempre. vomitava sempre, e vomitava solo lui. tutte le volte sul pullman c'era il vomito del prof. Zumbo, che era stato male.
io non lo capivo che lui ci veniva, alle gite, perchè era solo, era triste, e ce la metteva tutta per continuare, e stare coi ragazzi gli faceva bene, era bello poterli accompagnare da qualche parte, magari anche sgridarli mentre facevano casino, ma stare con loro. e se anche c'era di mezzo il mal d'auto, pazienza.

erano in due, ad insegnare educazione tecnica o come si diceva (e ora mi chiedo se esiste ancora quella bellissima materia, che comprendeva, tra le altre discipline, anche il disegno, quello tecnico, quello dove c'era da usare la squadra, e c'erano le assonometrie isometriche e le proiezioni ortogonali, e i miei lavori erano pieni di errori, di ditate nere, di cancellature fatte male).

erano in due. noi avevamo Zumbo e la Moschella.
è vero. non li ho inventati. erano Zumbo e la Moschella.
la Moschella era anche lei meridionale, piccina, ma più alta di Zumbo, e non molto affascinante, però un po' meglio di Zumbo. erano una coppia ben affiatata. non mi ricordo però perchè erano in due. tutte le materie avevano un insegnante solo, tranne educazione tecnica. chissà perchè. della Moschella mi ricordo che usava sempre un avverbio, le era molto caro. diceva "squisitamente".
io non capivo bene la pronuncia della Moschella. non capivo bene quell'avverbio. capivo il senso ma non la parola. adesso però ogni tanto lo uso anche io, quando scrivo.

la prof. di italiano si chiamava Zanframundo. certi cognomi ce li hanno solo gli insegnanti e i guardalinee del pallone. di lei mi ricordo che era brava, e che una volta scoppiò a ridere a un mio gesto. rimasi scioccato. stavo leggendo un passo di una materia che si chiamava "epica" e quando lessi che lui e lei si danno un bacio feci un gesto con la mano come a dire addirittura e lei rise come una pazza e si vergognò molto perchè nessuno tranne lei aveva visto il mio gesto e nessuno quindi capiva cosa ci fosse da sghignazzare di fronte a un bacio, per di più abbastanza rovente.

la prof di storia e geografia si chiamava Bara.
Bara.

la prof di educazione artistica si chiamava Trevisani. di quella materia ricordo i miei disegni orrendi di cui mi vergognavo come un ladro, e del libro. ogni anno, al principio dell'anno scolastico, mio padre andava in libreria a comprare i libri di testo. quello di arte costava settanta carte e la prof ogni anno diceva non lo comprate tanto io non lo uso. e mio padre lo comprava lo stesso e io ci restavo male per lui. la Trevisani era come l'assassina del film profondo rosso. uguale.

la prof di matematica si chiamava Danesi ed era abbastanza simpatica. diceva sempre "classe differenziata", che per lei, che insegnava matematica e non italiano, voleva dire che c'erano alcuni bravi e altri molto meno bravi. la Danesi una volta la incrociai in corridoio e mi disse ma cosa ci fai in giro tu, torna in classe. e io scappai via, anche perché ero già al ginnasio.

il prof. di musica, almeno per un paio d'anni, prima che il destino lo portasse altrove, era il sig. Gaetano Gaudiano.
si chiamava così. era meridionale anche lui (nella nostra scuola ce n'erano tanti, di professori del sud, per esempio Averàimo, che insegnava ginnastica, e che meriterebbe un post a parte - chissà) e molto severo. era sempre incazzato. per me era completamente pazzo. pazzo da legare.
il primo giorno disse a me, che ero al primo banco, tu hai la fronte alta, devi essere intelligente.
Lo stesso primo giorno ci fece aprire il quaderno e ci dettò il testo di una canzone da lui stesso scritta. naturalmente ne aveva scritta anche la musica, che era una scala dal do al do e ritorno, da farsi col flauto, il flauto hohner, che era obbligatorio avere e studiare.
Certo che se uno ci pensa è incredibile ‘sto fatto del flauto. Almeno nei paesi socialisti seri gli insegnavano gli scacchi, ai bambini. Noi invece, tutti con quel ridicolo flauto. Ma perché proprio il flauto? Non era meglio il pianoforte, la chitarra? Per me si decisero per il flauto sulla base della considerazione che anche il bambino più povero se lo poteva permettere e anche il bambino meno dotato sarebbe riuscito a suonarlo.


La canzone di Gaudiano faceva così:

O patria nostra, terra d’incanti (do grave – do acuto; due volte sul fa: "nostra" e due sul do acuto)
i nostri canti sono per te. (discesa)
Di messi opime tu sei feconda (su)
e il sol t'inonda del suo fulgor (giù)

Tralascio ogni commento sulle "messi opime" (forse addirittura "opimi" nell'originale - non so se pecca la memoria o la pietà) e sul tema patriottico per dire, trattandosi di post ombelicale, che la canzone di Gaudiano turbò non poco la mia mente, per anni a venire.

sono partito da Zumbo e avrei dovuto fermarmi lì.

il relatore della mia tesi di laurea, il prof. Gnoli, mi disse Lei ha una grande dote, il dono della sintesi.

non credo ci abbia preso molto.

però con l'occasione lo saluto, perchè gli ho voluto bene, a lui, a Zumbo, alla Moschella, alla Bara, alla Danesi e alla Zanfra.

e saluto, anche se non c'entra niente, ma forse un po' sì, anche Luigi.
anche lui andava alla scuola media statale Gaetano Negri.

Anche la scuola, non c'è più.