il tennis è uno sport mentale.
lo 0-30 è una cosa, il 15-30 tutta un'altra cosa. servire sul 30 pari non è servire sul 15-40 o, figuriamoci, sul 40-15. ogni punto è diverso da un altro punto, ogni game ha una sua storia. la partita non è mai finita. chiunque abbia giocato a tennis queste cose le sa più di quanto non sappia camminare.
il tennis è uno sport di carezze, toccatine, svolazzi, pizzi, merletti. è uno sport di errori imperdonabili con la racchetta molle sotto la rete, di singhiozzi, di patemi, di braccia tremolanti, di cuori di cerbiatto.
non è, come qualcuno sostiene, uno sport per gladiatori.
per quelli a cui piacciono le maniere forti ci stanno la boxe e i suoi derivati, il rugby (sport peraltro meraviglioso), l'hockey su ghiaccio (sport magnifico), il football americano e persino il calcio, con tutti i suoi calcioni.
il tennis non prevede la violenza. è uno sport leggiadro, per gente che ama l'eleganza del gesto, la dimensione del balletto, la cerimonia dello stile, la concessione, al limite, al buffetto.
due persone in abiti bianchi distanti 25 metri che si lanciano una pallina sopra una rete. non si può immaginare niente di meno prosaico. niente di più plastico.
il tennis è uno sport di braccia, non di gambe. è la racchetta quale semplice prolungamento della mano, quale espressione mirabile del tatto.
invece anche nel tennis ha fatto la sua comparsa la forza. complici, è chiaro, gli strumenti. se si giocasse con le racchette di trent'anni fa, diciassette dei primi venti giocatori del mondo farebbero altro nella vita.
così, io devo vedere rafael nadal che vince wimbledon.
nadal è anche un bravo guaglione, un ragazzo simpatico, sportivo, leale e gagliardo. ma non deve giocare a tennis. non c'entra niente (basta osservarlo: come si veste, come si muove, la sua faccia, le sue smorfie, e soprattutto come impugna la racchetta, e come colpisce la palla; per lui quello non è un campo da tennis, è un'arena. per lui, la pallina va picchiata, non accarezzata; schiacciata, non accompagnata dall'altra parte). vederlo giocare a tennis è assistere a uno stupro.
lo stupro della grazia, della bellezza, della poesia, del tocco. la sopraffazione delle meraviglie di questo sport.
ripeto da sempre: anche nello sport più brutale c'è la poesia del gesto. persino nella boxe (vedi gli ultimi secondi di ali-foreman a kinshasa, raccontati benissimo in "quando eravamo re").
di morbidezze lo sport ne offre sempre meno. ed è un peccato, perché non sempre il soffio è meno emozionante del sangue.
martedì 8 luglio 2008
il tennis
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2 commenti:
pienamente d'accordo, sono anni che non guardo più il tennis, da quando supermac si è portato via l'ultimo sonetto sottorete.
mi sarebbe andato bene anche beker o edbeg. perfino ivanisevic, o zivojnovic.
ma quando mi hanno presentato gli inguardabili, ho smesso.
e mecir.
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