dice che il pm de magistris, poco amato, pare, dal ministro mastella, sta scrivendo un memoriale. dice che è già arrivato a 400 pagine.
sarà una bomba, penso io, quando uscirà.
chissà quanti memoriali stanno crescendo nei cassetti in attesa di venire alla luce.
chissà che cosa ne pensano le toghe lucane.
l’altro giorno in aeroporto sono stato tentato di comprare il libro di felice casson, la fabbrica dei veleni. mi hanno trattenuto due circostanze, una soggettiva, l’altra meno. l’altra è il fatto che il libro fa parte di una collana diretta da gianni minà. l’una che il libro, come tutti i libri di questo mondo, racconta una versione.
ed è a proposito di questo che debbo dire due parole. non avendo memoriali in gestazione, ho questi pensieri vagolanti che piano piano - qui, per l’appunto - trovano il loro povero approdo.
è da un bel po’ che giro intorno al problema della verità.
è da un po’ che cerco di trovare una spinta per cominciare.
oggi ho trovato.
nel blog di quarky viene riportato un brano di un’intervista (bellissima) a sergio givone a proposito del paradosso della verità di kierkegaard: "ecco il grande paradosso della filosofia kierkegaardiana. La verità che vale per me e che tuttavia non è soltanto qualcosa di soggettivo, perché altrimenti non sarebbe più la verità: questo è l'insegnamento di Kierkegaard. Quella di Kierkegaard è, quindi, anzitutto una filosofia del paradosso. Il paradosso consiste nel fatto che la verità per me - dunque quella verità che evidentemente è diversa dalla verità per te e dalla verità per l'altro - continua a essere qualcosa a cui io conferisco una validità universale. Non nel senso che posso dimostrare oggettivamente che è quella la verità, ma nel senso che la posso rendere oggetto di comunicazione".
ecco, è il punto centrale.
ha ragione il filosofo cristiano. è vera nel senso che la posso rendere oggetto di comunicazione.
nel mondo di oggi la verità è decisamente declinata al singolare.
io che non posso non dirmi cristiano ma che cristiano non sono cerco invece la verità universale.
e insisto nel pensare che l’unico motivo per cui siamo al mondo è che se siamo in due in una stanza e uno dice una cosa all’altro e fuori dalla stanza raccontiamo versioni divergenti ci deve essere qualcuno che sa la verità.
la doppia verità è il vero paradosso.
facendo il mio mestiere vivo e mi nutro nel sistema della doppia verità.
ogni fatto o atto può essere raccontato da due punti di vista diametralmente opposti.
e il giudice, decisamente, non è Dio.
dobbiamo leggere tutti i giornali per sperare di escerpire un minimo di verità?
dobbiamo sempre sentire l’altra campana? e poi, sarebbe sufficiente?
non esiste alcun accadimento che non sia stato oggetto di interpretazioni tra loro incompatibili.
perché?
il mio mestiere è forzare la verità. piegarla per uno scopo.
mi serve un perito che possa dire che il palazzo sta crollando? eccolo.
me ne serve un altro che dica che è più solido di un diamante? pronti.
che cosa conta? la coscienza pulita?
la coscienza potrebbe essere pulita.
sarebbe bello dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. sarebbe la cosa più bella. ma nemmeno i bambini, così puri di cuore, ci riescono.
forse proprio per quello che dice kierkegaard.
dice givone: "La forza della vita etica consiste nell'essere autosufficiente, nell'essere fondata su di sé, nel non aver bisogno di nient'altro. L'uomo davvero etico, quello che è riuscito nel costruire la sua personalità in questo capolavoro che è la vita autosufficiente, è in pace con se stesso. Sa che gli si può fare qualsiasi violenza, ma il suo cuore è puro, nel senso forte del termine, egli è inattaccabile, nessuno gli può rimproverare niente, neanche Dio. L'uomo etico, in fondo, è l'uomo che ha imparato da Kant che la religione, se ha senso, è una religione che si risolve totalmente, non tanto nei limiti della ragione in generale, ma nei limiti della ragione pratica. Questo tipo di religione autorizza l'uomo etico a ritenersi salvato; ci si salva, appunto, con la pace del cuore, ci si salva sapendosi in pace con se stessi, sapendo di avere fatto tutto quello che si poteva fare, tutto quello che era giusto fare. Ma questa autosufficienza della pace interiore - ecco il limite, ecco l'equivoco di fondo della stessa vita etica - dal punto di vista della vita religiosa è il male. E' il male radicale, poiché è la presunzione di autosalvarsi. Nel momento stesso in cui l'uomo etico, per così dire, celebra il suo trionfo, collocato su un piedistallo, asserragliato dentro una roccaforte che nessuno può smuovere, proprio nel momento della sua massima forza, compie un atto di superbia che lo condanna. Nel momento in cui crede di essere perfettamente al sicuro, egli si espone al peggiore dei peccati".
non possiamo salvarci da soli. non possiamo nemmeno cercare la verità universale.
posso essere un po’ scosso da tutto ciò? sì.
per tornare a bomba: su porto marghera istintivamente penso che la verità del libro si avvicini molto alla verità universale.
ma sono ormai troppo ferito per crederci davvero.
martedì 2 ottobre 2007
intorno alla verità
scoreggiato da pim alle ore 15:18
Etichette: relativismo
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8 commenti:
Ti rispondo prendendo alla larga il nodo della questione.
Oggi, durante la lezione di Economia, il professore diceva che uno dei presupposti del Mercato è la "diversità" presso gli uomini (diversità dei bisogni, degli interessi, delle scale di valori). In un mondo fatto di individui con ciascuno gli stessi interessi e lo stesso modo di valutare il rapporto fra beni economici, non ci sarebbe alcuno scambio, e senza scambio non c’è mercato.
Alla stessa maniera, in un mondo dove ciascuno ha la stessa opinione altrui non ci sarebbe spazio per il dialogo, spazio per la crescita, non ci sarebbe spazio per la vita in genere. La verità uccide il confronto, è troppo autoritaria e poco utile alla civile convivenza.
A mio avviso vale sempre la pena di sottolineare il binomio verità/opinione...
l'opinione appartiene al pensiero debole, sig, ovvero a ciò che sta distruggendo il mondo moderno.
sig, questo è un covo di antirelativisti, attenzione :)
Dunque, quale sarebbe l'aternativa valida per salvare questo "mondo moderno in distruzione"?
Simone.
la alternativa è tornare al dogmatismo, alla Tradizione, al pensiero mazziniano.
Diosantissimoebenedetto, hai detto "Tradizione"? In un mondo che cambia faccia quotidianamente, la parola "tradizione" mi ricorda l'odore delle giacche di mio nonno, che sapevano di naftalina...
p.s.: a pensarci bene, mi piaceva l'odore di quelle vecchie giacche...
:) ne sono lieto.
adde: su io donna della settimana scorsa, manco a farlo apposta, il giudice casson risponde al questionario di proust. alla domanda su quale sia il suo eroe il giudice risponde "che guevara". ciò che, senza dubbio, fa entrare con pieno merito il magistrato nella folta schiera dei malati di mente.
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