sabato sera sul mio volo in partenza da fiumicino c'era
giovedì 27 novembre 2008
ah, dimenticavo
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martedì 25 novembre 2008
diario
sono fortunato: la convinzione mi appartiene sempre meno.
ad onta dei miei strali, mi arrendo presto e volentieri, ovunque. mi sembra un buon primo passo.
osservo, per altro verso, che il mio talento si colloca, lungo l'ideale scala, più vicino ad antonio moccia che a philip roth.
allego opportuno grafico
0……..10……..20……..30……..40……..50……..60……..70……..80……..90……..100
moccia........... io............................................ roth......... borges......................... dante
vorrei che fossero aboliti per decreto i mediatori immobiliari. penso che la mediazione immobiliare, ove ritenuta necessaria, dovrebbe essere esercitata dallo Stato, tramite appositi uffici. mi sembra una soluzione molto semplice. vorrei che lo Stato costruisse case per tutti e che le desse in affitto. se poi uno diventasse ricco giocando a pallone e si volesse costruire la villa, non sarei certo io a impedirglielo.
il pensiero, come già da tempo l'arte, è diventato suddito della moda.
eppure esiste ancora il discrimine. sono certo che, potendo, l'uomo leggerà platone anche tra altri mille anni. e non perché è stato il primo a dire quello che ha detto.
il criterio non è il quando, è il come.
il che dimostra come il tempo sia una categoria senza valore.
in questo istante, ore 2.00, ritrasmettono una puntata di sottovoce del 1996. ospite sandro curzi.
sandro curzi era un grande, per quel poco che ne ho capito in questi anni. una brava persona, un bravo giornalista, un uomo buono, sincero, simpatico e leale. un vero.
la luna esiste.
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l'unica pace
trovarmi solo su una barca
in mezzo al mare, nella notte,
e urlare tutto quello che ho
(il nome di mio figlio)
alle onde
perché solo il mare può ancora ascoltare
solo il cielo vedere.
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venerdì 21 novembre 2008
il problema fondamentale
il problema è quella cosa lì.
quella cosa esiste. c'è.
è lì che vai a finire. come contro un muro. e non c'è niente da fare.
non la puoi eliminare, né sorpassare. sei destinato a sbatterci contro. e soccombere.
irrimediabilmente.
è quello, il diavolo.
il diavolo non è malvagio, infido, malizioso.
il diavolo è stupido.
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giovedì 20 novembre 2008
luciano bianciardi
se è vero che tutto è già stato scritto, in qualche tempo e in qualche luogo, è altrettanto vero che io, come tutti, sono già esistito, o esisterò.
se siamo attenti, e se anche il destino è diligente, prima della fine possiamo avere l'avventura di imbatterci in noi stessi.
forse io sono luciano bianciardi, in una versione sfortunata, meno buona.
bianciardi non è lo scrittore che vorrei essere, naturalmente.
vorrei essere uno scrittore come nabokov: un altero, algido entomologo. un russo coltissimo che parla tre lingue e passeggia col retino sulle montagne svizzere.
invece chi mi tocca? lui.
alto, grosso, violoncellista, toscano, gran fumatore, tremendo bevitore, calciatore, scopatore.
un uomo incazzato, incazzato nero. ossessionato. uno storico, un filologo, un uomo deluso, stanco, che perde ogni speranza (nel 1969), che si lascia andare.
io ti leggo, e ti vedo migliore.
e allora penso che è per questo che hai scritto, forse. per tutti i piccoli bianciardi.
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martedì 18 novembre 2008
jonestown
trent'anni fa oggi, nella guyana, in una località che era stata chiamata jonestown dal suo fondatore jim jones, morivano 910 persone, di cui 219 bambini.
ho intravisto che questa mattina anche la storia siamo noi ricordava il fatto.
la cronaca degli eventi, a volerla raccontare bene, è molto lunga. chi non la conosce è opportuno che si documenti. in rete c'è praticamente tutto. chi volesse informazioni, mi può contattare.
per quanto mi riguarda, è una delle storie più sconvolgenti in cui mi sia mai imbattuto.
alla memoria di coloro che morirono quel giorno è dedicato questo post.
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sabato 15 novembre 2008
borges
mi innamorai di borges nel 1982, grazie a roberto vecchioni, all'epoca, e per un solo anno scolastico, nostro insegnante al ginnasio.
ci iniziò alle meraviglie di Finzioni e ai relativi labirinti, specchi, biblioteche.
ci iniziò a dostoevskij, a hawtorne, a orfeo.
solo per questo, e non è poco, a lui sarò sempre infinitamente grato.
era giusto che in questo diario trovasse posto qualcosa di borges. non so perché ho scelto due poesie (borges è senza dubbio meno poeta che narratore), una delle quali è in ogni caso, ad onta del titolo dal sapore stranamente accademico, di indubbio valore. forse per motivi di spazio.
se si fermasse il tempo anche per me, se avessi infinite notti a disposizione, non arriverei mai a conoscere come lui, a scrivere come lui, a vedere come lui.
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poesia congetturale
Fischian le palle nella sera ultima.
Vento e ci sono ceneri nel vento,
si disperdono il giorno e la battaglia
deforme, e la vittoria è dei nemici.
Sono i barbari, i gauchos che vincono.
Io, che studiai i canoni e le leggi,
io, Francisco Narciso de Laprida,
la cui voce gridò l’indipendenza
di queste terre crudeli, sconfitto,
di sangue e di sudore brutto il volto,
senza speranza né timore, perso,
per i sobborghi estremi fuggo al Sud.
Come quel capitano in Purgatorio
fuggendo a piedi e insanguinando il piano
fu accecato e abbattuto dalla morte
dove un oscuro fiume perde il nome,
cosí dovrò cadere. Oggi è la fine.
La notte laterale dei pantani
m’insidia e m’imprigiona. Odo gli zoccoli
della mia calda morte che mi cerca
con cavalieri, con musi e con lance.
Io che sognai d’essere un altro, un uomo
di sentenze, di libri, di verdetti,
a ciel sereno giacerò tra il fango;
ma mi delizia il cuore, inesplicabile,
un giubilo segreto. Infine trovo
il mio destino sudamericano.
A questa atroce sera m’ha condotto
il labirinto plurimo dei passi
che i miei giorni tramarono da un giorno
dell’infanzia. Ho scoperto finalmente
la recondita chiave dei miei anni,
la sorte di Francisco de Laprida,
la lettera mancante, la perfetta
forma che seppe Dio fin dal principio.
Nello specchio di questa notte tocco
il mio ignorato volto eterno. Il cerchio
sta per chiudersi. Attendo che ciò avvenga.
Preme il mio piede l’ombra delle lance
protese. Già il ludibrio della morte,
i cavalieri, i criniti cavalli
mi sovrastano... Sento il primo colpo,
il duro ferro che mi squarcia il petto,
il coltello profondo nella gola.
(Jorge Luis Borges, in L'altro, lo stesso, 1964)
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Giovanni, 1, 14
No será menos un enigma esta hoja
que la de Mis libros sagrados
ni aquellas otras que repiten
las bocas ignorantes,
creyéndolas de un hombre, no espejos
oscuros del Espíritu.
Yo que soy el Es, el Fue y el Será,
vuelvo a condescender al lenguaje,
que es tiempo sucesivo y emblema.
Quien juega con un niño juega con algo
cercano y misterioso,
yo quise jugar con Mis hijos.
Estuve entre ellos con asombro y ternura.
Por obra de una magia
nací curiosamente de un vientre.
Viví hechizado, encarcelado en un cuerpo
y en la humildad de un alma.
Conocí la memoria,
esa moneda que no es nunca la misma.
Conocí la esperanza y el temor,
esos dos rostros del incierto futuro.
Conocí la vigilia, el sueño, los sueños,
la ignorancia, la carne,
los torpes laberintos de la razón,
la amistad de los hombres,
la misteriosa devoción de los perros.
Fui amado, comprendido, alabado y pendí de una cruz.
Bebí la copa hasta las heces.
Vi por Mis ojos lo que nunca había visto:
la noche y sus estrellas.
Conocí lo pulido, lo arenoso, lo desparejo, lo áspero,
el sabor de la miel y de la manzana,
el agua en la garganta de la sed,
el peso de un metal en la palma,
la voz humana, el rumor de unos pasos sobre la hierba,
el olor de la lluvia en Galilea,
el alto grito de los pájaros.
Conocí también la amargura.
He encomendado esta escritura a un hombre cualquiera;
no será nunca lo que quiero decir,
no dejará de ser su reflejo.
Desde Mi eternidad caen estos signos.
Que otro, no el que es ahora su amanuense, escriba el poema.
Mañana seré un tigre entre los tigres
y predicaré Mi ley a su selva,
o un gran árbol en Asia.
A veces pienso con nostalgia
en el olor de esa carpintería.
******
Non sarà meno un enigma questa pagina
di quelle dei Miei libri sacri
né di quelle altre che ripetono
le bocche ignoranti
credendole di un uomo, non già specchi
oscuri dello Spirito.
Io che sono l'È, il Fu e il Sarà
accondiscendo di nuovo al linguaggio
che è tempo successivo e simbolo.
Chi gioca con un bambino gioca con qualcosa
di vicino e di misterioso;
io volli giocare coi Miei figli.
Stetti fra loro con stupore e tenerezza.
Per opera di una magia
nacqui stranamente da un ventre.
Vissi stregato, incarcerato in un corpo
e nell'umiltà dell'anima.
Conobbi la memoria,
quella moneta che non è mai la stessa.
Conobbi la speranza e il timore,
quei due volti dell'incerto futuro.
Conobbi la veglia, il sonno, i sogni,
l'ignoranza, la carne,
i tardi labirinti della ragione,
l'amicizia degli uomini,
la misteriosa devozione dei cani.
Fui amato, compreso, esaltato e fui appeso a una croce.
Bevvi il calice fino alla feccia.
Vidi con i Miei occhi quello che non avevo mai visto:
la notte e le sue stelle.
Conobbi il levigato, il sabbioso, il disuguale, l'aspro,
il sapore del miele e della mela,
l'acqua nella gola della sete,
il peso di un metallo sul palmo,
la voce umana, il suono di alcuni passi sull'erba,
l'odore della pioggia in Galilea,
l'alto grido degli uccelli.
Conobbi anche l'amarezza.
Ho commissionato questo scritto a un uomo qualunque;
non sarà mai quello che voglio dire,
sarà almeno il suo riflesso.
Dalla Mia eternità cadono questi segni.
Che un altro, non colui che adesso è il suo amanuense, scriva la poesia.
Domani sarò una tigre fra le tigri
e predicherò la Mia legge nella loro selva,
o un grande albero in Asia.
A volte penso con nostalgia
all'odore di quella falegnameria.
(Jorge Luis Borges, in Elogio dell'ombra, 1969)
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noi
forse non è solo la paura, a impedirci di comunicare.
serbare il segreto dei nostri modesti sentimenti, per affidarlo, poi, alla pagina, è un comportamento bizzarro.
come un Bimbo, desideriamo il sorriso e l'abbraccio, ma non siamo in grado di sostenerlo.
felice è l'uomo ricco, non chi osserva il vento, o il cielo
e mentre i nostri figli piangono, immaginiamo l'assassino guardarsi colpevole allo specchio.
anche per Te non sarà che il ricordo di una panchina, una sciarpa, una chitarra, l'odore di tua madre.
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martedì 11 novembre 2008
dei mondi sconosciuti
ho ricevuto un invito a cena con mio figlio.
il tiepido orgoglio di far parte della mensa ha lasciato presto spazio ad emozioni sinistre.
la novità della serata è emersa rapidamente quando ho mosso l'occhio in direzione della tivù. chi prendeva le decisioni aveva stabilito di puntare sul varietà del sabato sera di rai uno.
io me li ricordo, i varietà del primo canale, quelli in bianco e nero. mi ricordo che i miei il sabato uscivano a cena e venivano i nonni. la nonna cucinava terribili tortellini confezionati. il nonno giocava con noi. a volte anche la nonna. erano sempre allegri. mio nonno paterno, proprio come il suo omologo materno, era uno a cui andava bene tutto, ciò che rappresenta una qualità preziosa e una vetta.
il varietà di rai uno si chiama volami nel cuore. un titolo volgare. è condotto da pupo, accompagnato da uno spigliato bambino con seri problemi di peso.
ho colto, durante il pasto, le seguenti performances:
l'ospite pippo franco e il bambino grasso che cantavano "mi scappa la pipì papà" (voto 10)
la celebre lambada, eseguita in playback dagli originali incisori del disco (voto 10)
una riproposizione delle più famose canzoni del film "grease" (voto 10)
una riproposizione di alcune scenette dal film "mary poppins" (voto 10)
il momento per me più significativo è stato quando ho visto la ragazzina quindicenne, la figlia di famiglia, farsi sempre più vicina allo schermo e palpitare vistosamente. le ho chiesto allora la ragione di tale turbamento. mi ha risposto che di lì a poco sarebbe arrivata l'ospite che attendeva con impazienza e che lei ammira più di ogni altra.
si tratta di certa anna tatangelo.
ho detto che non la conosco. la tavola tutta ha subito un leggero smottamento. non mi hanno creduto. mi hanno spiegato che è una cantante e che è la fidanzata di gigi d'alessio.
gigi d'alessio lo conosco.
la ragazzina mi ha spiegato che lei e le sue amiche sono delle fans sfegatate della tatangelo e che ci sono ragazze come loro che la seguono ovunque, in tutti i concerti, perfino in svizzera. che ci sono dei forum in cui si scambiano le rispettive opinioni e si danno le une con le altre tutte le informazioni sugli spostamenti, le uscite dei dischi, i mormorii, le indiscrezioni e così via.
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venerdì 7 novembre 2008
i magistrati, gli avvocati, le parti/3
il fatto: un signore ha impugnato una delibera di assemblea condominiale, fondatamente. nelle more del giudizio il condominio ha ratificato la delibera impugnata con nuova deliberazione. il giudizio è nondimeno proseguito, avendo il giudice ritenuto la causa matura per la decisione senza necessità di istruttoria, valutando un'eccezione preliminare del convenuto condominio idonea a risolvere il giudizio. due udienze in tutto.
inciso: la causa non è mia. l'eccezione del convenuto è infondata.
conclusione: il giudice ha rigettato la domanda dell'attore con decisione nel merito (ritenendo espressamente non di pregio l'eccezione preliminare), concludendo circa l'infondatezza della domanda, pur in difetto di attività istruttoria. il giudice ha quindi, in ossequio al principio della soccombenza, condannato l'attore a pagare le spese legali alla controparte.
importo delle spese legali: 9.800 euro.
in sintesi: un signore ha fatto una causa avendo ragione e ha pagato più di 10.000 euro.
ogni avvocato italiano potrebbe fornire decine di casi simili. ma degli avvocati parliamo dopo.
molte persone vengono da me perché desiderano essere ascoltate da un giudice. perché vogliono che sia un giudice, un soggetto terzo, imparziale, responsabile, che ha studiato, che ha un ruolo importante, a decidere chi ha ragione. non si rivolgono a un essere umano, si rivolgono a un ufficio, a una carica, a una funzione. non pensano, giustamente, che nel giudizio possano influire le opinioni personali del magistrato, le sue idee politiche, il suo sesso. non pensano minimamente che nel complesso procedimento di formazione del suo convincimento il magistrato possa essere fuorviato dalla serata precedente, dal litigio con il coniuge, dai colleghi antipatici, dal mal di stomaco, dalla improvvisa assenza di voglia di lavorare, dalla simpatia del momento.
la gente si rivolge al magistrato perché desidera essere presa in considerazione, perché vuole essere ascoltata. ciò che è esattamente l'ultima cosa che interessa a un magistrato. il magistrato, se potesse, le parti non le vorrebbe mai vedere, e men che mai sentire.
ma il problema non è questo.
il problema è che chiunque, chiunque abbia avuto a che fare con la giustizia italiana non vuole mai più averci a che fare.
a meno che non sia un mariuolo, ma questo è un altro discorso.
nel caso sopra riportato, l'avvocato cui sono state liquidate le spese (9.800 euro) ne aveva chiesti 13.000.
13.000 euro per due udienze e due atti difensivi. ricordo che non stiamo parlando della vertenza enimont.
i miei colleghi ormai campano sui clienti. campare sui clienti vuol dire usare il cliente per vivere.
ho visto chiedere 5.000 euro per una raccomandata. ho sentito chiedere 1.800 euro a un amico per una consulenza telefonica.
potrei andare avanti all'infinito.
su questo sfondo si muovono le parti. le quali, conoscendo gli avvocati ma essendo obbligate ad affidare loro il mandato, cercano di essere le prime a fottere prima di essere fottute.
e da vespa ci si interroga sulla camorra. come mai la gente non ha il senso dello stato come mai preferisce la camorra come mai qui là.
come mai?
la camorra funziona.
se ti rivolgi alla camorra, la camorra risolve il problema. presto, bene, nei termini convenuti.
do un consiglio a chiunque stia pensando di promuovere una causa civile: non farlo. rivolgiti alla camorra.
scoreggiato da pim alle ore 00:41 1 commenti
mercoledì 5 novembre 2008
martedì 4 novembre 2008
la separazione consensuale
la separazione consensuale non è un procedimento.
come tutti sanno, si tratta di far firmare da un magistrato un accordo già raggiunto dalle parti in ordine ai figli, se ci sono, al mantenimento, se dovuto, ai beni della comunione, se esistenti. l'accordo così siglato viene vistato da un pubblico ministero e quindi munito di timbro che gli conferisce valore di legge e garantisce conformità all'ordinamento giuridico.
la mia proposta è che la pronunzia della separazione consensuale sia affidata ad un qualsiasi pubblico ufficiale. un funzionario dell'ufficio anagrafe, un poliziotto, un cancelliere. il timbro di omologa verrà poi emesso da un ufficio giudiziario, che però si limiterà a verificare la rispondenza degli accordi intrapresi dai separandi alle norme positive.
se con l'accordo viene trasferita la proprietà di beni immobili o di beni mobili trascritti in pubblici registri, la domanda di separazione andrà presentata a un notaro della repubblica, il quale si limiterà a richiedere il pagamento delle imposte ipocatastali e di trascrizione.
in questo modo avremo i seguenti vantaggi: migliaia di magistrati che invece di perdere intere giornate a vedere e firmare verbali di separazione, si metteranno a lavorare. intere sezioni dei tribunali d'italia sgravate di milioni di fascicoli. udienze immediate. cittadini più soddisfatti.
raggiunto l'accordo, le coppie si recheranno davanti al pubblico ufficiale di loro preferenza e si separeranno.
per esempio, potrebbe andare così:
tizio e caia, dopo aver firmato congiuntamente le condizioni di separazione, magari con l'assistenza di un legale, si presentano al comando di polizia locale più vicino a casa.
l'usciere li indirizza al primo piano, ufficio separazioni, stanza 122.
tizio e caia raggiungono la stanza. molto ampia. altre coppie siedono in attesa. prendono un numerino. l'impiegata dietro lo sportello li avverte che è opportuno cominciare a compilare il verbale e consegna loro l'apposito modulo. quando arriva il loro turno, il modulo compilato, entrano.
l'agente di polizia municipale si fa consegnare il verbale, che contiene le generalità dei coniugi e le condizioni di separazione, e i documenti d'identità. quindi, accertata l'identità dei separandi, mette un timbro in calce al verbale e chi s'è visto s'è visto.
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è l'ora delle bombe
se qualche buontempone avesse la facoltà e il desiderio di guardarci dall'alto, osserverebbe senza sforzo che i terrestri, indipendentemente dal luogo, dalla classe sociale, dalla cultura, dall'età, da ogni altra variabile, insomma praticamente tutti sono soliti trascorrere la serata davanti a uno strano oggetto. dopo cena, o anche prima, vedrebbe che si siedono di fronte a uno schermo e per qualche ora stanno lì a guardare. l'alieno, sono certo, si darebbe varie ipotesi intorno alle cause e ai motivi del fenomeno. immagino che l'alieno, potendo, per prima cosa si proverebbe a scompaginare le carte, spegnendo con un clic quegli schermi per vedere l'effetto che ne consegue, un po' come quando noi, poveri cristi, mettiamo a soqquadro un formicaio e vediamo quel brulicare prima magnificamente composto farsi improvvisamente irrazionale, confuso, caotico.
a quanto pare i terrestri, almeno quelli che non seguono gli insegnamenti di rudolph steiner, non possono fare a meno della televisione. la circostanza è stata ben avvertita dai politici, i quali infatti fanno in modo di essere teletrasmessi in video e in voce a più non posso.
per esempio, da qualche tempo a questa parte vedo personaggi politici che compaiono in televisione alle sette del mattino.
ora. io alle sette del mattino normalmente dormo. se sono sveglio è per colpa dello stomaco che non mi lascia in pace.
premetto un concetto che mi piace molto esprimere ma nel quale non credo affatto (ciò che mi accade pressoché sempre): non capisco il motivo per il quale l'uomo (o la donna - da questo punto di vista è lo stesso) debba svegliarsi presto la mattina. la mattina è orrenda. perché non ci alziamo tutti alle dieci? perché? chi l'ha fatta questa regola che alle otto tutti pronti per andare al lavoro, a scuola, in giro? io non ci credo che la maggioranza degli esseri umani gradisca di svegliarsi in novembre alle 6.30 al freddo, col buio, cercare le pantofole a tentoni, gli occhi cisposi, infagottarsi in una vestaglia, guadagnare con fatica la caffettiera e preparare l'orrida bevanda (orrida per me, s'intende) senza la quale, ovviamente, non riesce a svegliarsi. non ci credo. credo che la maggioranza preferisca svegliarsi alle 9.30 dopo un bel riposo, guardare con piacere il sole alto nel cielo e fare una piacevole lunga colazione in una casa già ben calda. se è come penso io, vuol dire che la minoranza decide per la maggioranza. va bé.
torniamo in medias res. dicevo dei politici in tivù all'alba. sulle reti private lombarde tutte le mattine ci sono programmi che ospitano politici locali. costoro rispondono alle domande del conduttore e alle telefonate dei pensionati in diretta. stessa cosa sulle reti nazionali. partecipare alle trasmissioni della mattina sulla rai o su la 7 pare sia meta ambita.
ebbene, io non godo molto a vedere di pietro la mattina presto. non godo a sentire, appena sveglio, le liti tra salvini e latorre e non godo a cominciare la giornata ascoltando i pensieri di piergianni prosperini. uno potrebbe dire ma tu mica sei obbligato a vedere la tivù appena sveglio. lascialo spento, l'infernale marchingegno. se lo accendi, peggio per te.
e ad essere sinceri io non saprei cosa dire, a quel punto.
forse sì, lo saprei.
urca, ho scritto tutta 'sta pappardella proprio per questo.
il discorso è che sarebbe meglio se i politici, invece che in tivù, se proprio vogliono alzarsi presto, andassero al bar sotto casa, o meglio al bar lontano da casa. al bar dove c'è la persona comune, che è poi l'elettore, e che lo prendessero lì, il caffè. che stessero lì qualche minuto a parlare con la gente, che ascoltassero quello che dicono, gli intelligenti e gli stupidi, che andassero a sesto san giovanni, dove una volta c'erano quelli che votavano per il pci, e stessero lì con i vecchi. forse capirebbero tante cose. domando a me stesso: ma davvero la gente ama vedere tremonti e d'alema che discutono con floris? no. per me no. è impossibile. per me la gente vorrebbe vederlo in giro per la strada, il politico. fermarlo, parlargli. per me la politica è questa cosa qui. il territorio. non la televisione.
però adesso c'è porta a porta, e c'è roberta pinotti, del pd. in nero.
e allora penso ma scusa, al posto di uno che non ha ancora capito perché ha perso le elezioni e che continuerà a non capirlo, perché non facciamo anche noi come i tedeschi, i francesi o gli americani? quelli l'hanno capito che la donna tira. la hillary non ce l'ha fatta perché è un po' antipatichina e ha anche i polpacci grossi. la palin a momenti fa vincere un povero diavolo come mccain.
ma dico, noi che abbiamo una come roberta pinotti, con quel décolleté, stiamo ancora lì a pensare a cosa fare?
roberta, arma le bombe. accendilo tu questo sole che è spento.
scoreggiato da pim alle ore 00:45 3 commenti
Etichette: politica
lunedì 3 novembre 2008
jo-wilfried strikes back
giornatona, quella appena terminata.
tsonga, il mio protetto, che vince a bercy e si qualifica per il masters
un gp di formula uno meno soporifero del solito e ricco di suspense nel finale
il milan primo in classifica, con abbondante dose di fortuna.
non mi resta che mettere qualche migliaio di euro sul conto per andare a nanna tranquillo.
p.s. uno dei pochi motivi di vanto con me stesso era essere riuscito, dal luglio 2007, a non scrivere nulla di calcio. avanti col prossimo. e piantiamola con i p.s.
scoreggiato da pim alle ore 00:12 0 commenti
Etichette: tennis
domenica 2 novembre 2008
due novembre
siamo coloro che furono.
e siamo quello che ricordiamo.
per questo il giorno dei morti è il giorno più importante dell'anno.
il giorno dei morti è ogni giorno.
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