giovedì 26 febbraio 2009

my death

If I'm lucky, I'll be wired every whichway
in a hospital bed. Tubes running into
my nose. But try not to be scared of me, friends!
I'm telling you right now that this is okay.
It's little enough to ask for at the end.
Someone, I hope, will have phoned everyone
to say, "Come quick, he's failing!"
And they will come. And there will be time for me
to bid goodbye to each of my loved ones.
If I'm lucky, they'll step forward
and I'll be able to see them one last time
and take that memory with me.
Sure, they might lay eyes on me and want to run away
and howl. But instead, since they love me,
they'll lift my hand and say "Courage"
or "It's going to be all right."
And they're right. It is all right.
It's just fine. If you only knew how happy you've made me!
I just hope my luck holds, and I can make
some sign of recognition.
Open and close my eyes as if to say,
"Yes, I hear you. I understand you."
I may even manage something like this:
"I love you too. Be happy."
I hope so! But I don't want to ask for too much.
If I'm unlucky, as I deserve, well, I'll just
drop over, like that, without any chance
for farewell, or to press anyone's hand.
Or say how much I cared for you and enjoyed
your company all these years. In any case,
try not to mourn for me too much. I want you to know
I was happy when I was here.
And remember I told you this a while ago--April 1984.
But be glad for me if I can die in the presence
of friends and family. If this happens, believe me,
I came out ahead. I didn't lose this one.

- Raymond Carver -

mercoledì 25 febbraio 2009

una volta era la vaga sensazione d'incompiutezza.
oggi è la certezza di qualcosa che sfugge.

merito una chitarra
e mele marce.

martedì 24 febbraio 2009

aridatece massaia

per primo me l'aveva segnalato l'amico w.b., che in queste cose è sempre un passo avanti.

grazie all'avvocato-blogger "che mette sottosopra il mondo dei professionisti", ora scopriamo l'esistenza di giovani avvocati vessati, costretti a lavorare fino a tarda notte e orbati della vita privata, roba che neanche easton ellis.

se fossi in lui, mi dimetterei dallo studio e intraprenderei come un sol uomo la carriera di scrittore (si lavora meno, si guadagna di più, si scopa).

e poi, "ormai è un eroe".

sì. è un eroe per tutti noi.
ma a questo punto confesso che un po' di sconquasso lo sento pure io.
quasi quasi mi metto a trascrivere le istruzioni della lavastoviglie.

lunedì 23 febbraio 2009

red carpet

ho appena visto i bambini di bombay sul tappeto rosso degli oscar.
pare che siano i famosi protagonisti del film candidato all'oscar. dice che vivono nella baraccopoli.
i bambini hanno detto che sognano di incontrare george clooney (il maschietto) e angelina jolie (la femminuccia).

a questo punto, il minimo che possiamo fare è invitare qualche ragazzino rom ai telegatti.

domenica 22 febbraio 2009

intorno a coleridge

1
un uomo sogna un'immagine. uscito dal sonno la riproduce. un altro uomo vede la riproduzione e il giorno dopo la sogna.

2
un uomo sogna un palazzo. uscito dal sonno lo disegna. un altro uomo vede il disegno e il giorno dopo costruisce il palazzo. un altro uomo lo ha già costruito, in qualche tempo e in qualche luogo. prima di lui molti lo avevano sognato.

3
un uomo sogna un dialogo. uscito dal sonno lo scrive. altri due uomini lo interpretano in teatro. all'uscita del teatro tutti gli altri uomini lo ripeteranno.

4
un uomo vede un bosco, o un torrente. la notte li rivedrà in sogno.

giovedì 19 febbraio 2009

lezzeno 1982

nel 1982 l'italia vinse i mondiali di calcio.
vidi la finale con mio fratello nella casa che i miei nonni materni avevano in affitto a lezzeno, sul lago di como.
mio nonno era morto poche settimane prima.
quando era morto il nonno, la nonna era stata qualche giorno da noi, poi era tornata a casa sua, sola, e poi si era spostata al lago, con sua mamma, la mia bisnonna. papà e mamma avevano detto a me e mio fratello che avremmo potuto stare un po' dalla nonna nella casa di lezzeno: alla nonna avrebbe fatto piacere.
non c'era molto da scegliere.

durante la giornata non si faceva granché. era un po' noioso.
la sera giocavamo a carte, tutti e quattro, io e mio fratello contro le nonne, e qualche volta cercavamo di barare, convinti che le nonne non se ne accorgessero.

la nonna era triste per la morte del nonno ma non lo voleva dare a vedere. la bisnonna era una generalessa, severa e integralista.

dopo alcuni giorni papà al telefono mi disse che se avessi preferito sarei potuto tornare a casa.
io dissi sì.
allora andai dalla nonna, che era fuori sul balcone, in piedi, e guardava il lago, e le dissi nonna io torno a casa a milano.

lei mi guardò, poi tornò a guardare lontano. subito dopo si mise a piangere e disse: "ma io non mi arrendo. non mi arrendo".

sono nato ma

la sorte non mi ha accordato, quando sono venuto al mondo, una solenne biblioteca.
non ho avuto la fortuna, o forse la necessità, di compulsare in tenera età rari manoscritti della letteratura scandinava.
e poi ci ho messo del mio.
a 14 anni il mio orizzonte letterario era costituito da p.g. wodehouse e al cinema andavo per vedere i film di celentano.

se fossi cresciuto in un salotto scrupolosamente ombreggiato non avrei oggi il problema della collocazione.
inoltrarsi in questioni relative, per esempio, ai programmi televisivi è il destino di chi è stato consegnato ai molti. di chi deve, dunque, inventare la sua rivoluzione, oppure immaginare di vivere nel migliore dei mondi possibili.

tra costoro, i peggiori sono coloro che desiderano distinguersi.

oggi, per essere davvero snob, bisogna dichiarare di essere grandi fan del festival di sanremo e di guardarlo con entusiasmo tutte le sere.

ieri sera hanno trasmesso quinto potere. un capolavoro, checché ne dicano i soloni.

dalla sceneggiatura, splendida, di Paddy Chayefsky:

You are an old man who thinks in terms of
nations and peoples. There are no nations!
There are no peoples! There are no Russians.
There are no Arabs! There are no third worlds!
There is no West! There is only one holistic
system of systems, one vast and immane,
interwoven, interacting,
multi-variate,
multi-national dominion of dollars!
petro-dollars, electro-dollars, multi-dollars!
Reichmarks, rubles, rin, pounds and shekels!
It is the international system of currency
that determines
the totality of life on this planet!
That is the natural order of things today!
That is the atomic, subatomic and galactic
structure of things today!
And you have meddled
with the primal forces of nature,
and you will atone!
Am I getting through to you, Mr. Beale?
(pause)
You get up on your little twenty-one inch screen,
and howl about America and democracy.

There is no America. There is no democracy.

lunedì 16 febbraio 2009

ho scoperto

i bambini fanno la lotta, corrono, si lanciano le cose, spaccano tutto, tirano calci al pallone, danno sfogo al testosterone.
le bambine pettinano le bambole. preparano torte nel dolce forno. si mettono mollette nei capelli. scelgono i vestitini delle winx, che vengono sistemate in accoglienti salottini o esclusive palestre.
i bambini si divertono, le bambine no.
l'infanzia delle bambine è triste.
per questo quando diventano grandi, giustamente, non la danno.

la separazione del maschio

non conoscevo francesco piccolo finché il mio amico balda non mi ha regalato, giovedì, il suo ultimo libro, che ho letto tra milano e roma.
fino a pochi minuti fa non sapevo nemmeno, mea culpa, che l'autore è anche sceneggiatore. vedo la sua firma apparire in calce ad alcuni lavori che reputo di non grande valore.

la separazione del maschio è un libro per maschi.
mi sono fatto delle risate, ho apprezzato moltissimo la citazione dei quel capolavoro che è the weather man, mi ci sono inevitabilmente ritrovato, da padre separato sofferente quale sono.

a noi maschi sciovinisti col pensiero rivolto alla bernarda non può non piacere un libro del genere, sebbene non sia che l'ultimo di una lunga serie.

ad ogni modo, non siamo in presenza di un grande romanzo. vi sono intuizioni geniali, ma resta senso di qualcosa che non si eleva al di sopra dei pensieri di un uomo comune durante una pausa pranzo o tra una fermata e l'altra del tram.
un paio di pagine di troppo (la descrizione dell'incontro a tre) e la tecnica del montaggio alternato, che sembra dettata da motivazioni editoriali, non contribuiscono a migliorarlo.

va tutto bene

"Sanremo: aria di crisi tra supercompensi e tagli"

"Colaninno licenzia l'hostess del Grande fratello"

"Cassano? Sì, ci interessa"

"La bici di Stasi fu lavata"

"Fiat scopre la 500 Cabriolet come la prima"

"Smog, limiti superati ben 77 volte"

"Foibe/Alemanno: La nostra non e' una lettura ideologica"

"Tifoso genoano investito è stabile ma grave"

"Boom di allergie, ne soffre un bimbo su tre"

"Sulla castrazione An frena la Lega"

domenica 15 febbraio 2009

osservare latina

venerdì mattina alle ore 8.13 sono salito sull'eurostar alta velocità denominato "frecciarossa" in partenza da milano centrale alle ore 8.15. arrivo previsto a roma alle ore 11.45.
il treno è entrato a roma termini alle ore 11.30.
un quarto d'ora d'anticipo. un fatto incredibile.
prima di allora, in tutta la mia vita non avevo mai preso un treno che fosse arrivato in anticipo.
così ho preso la coincidenza per latina 45 minuti prima.

la terra che separa roma da latina mi ha offerto delle immagini stupende. a tratti, sono rimasto senza fiato. come non emozionarsi davanti a una serie di colline così verdi, a un pastore con un gregge, a un cavallo bianco fermo sull'argine di un fiume?

la cosa meravigliosa del treno è che si guarda dal finestrino. il mondo lo capisci solo andando in treno e guardando dal finestrino. non è necessario starci appiccicati. a volte, anzi a ben vedere per me è sempre così, sento una sorta di richiamo. sento il paesaggio che mi dice guardami. allora chiudo il libro o quello che sto leggendo e guardo fuori. un po' come respirare. guardo e respiro.

poi sono arrivato. la stazione di latina, caso più unico che raro, è lontanissima dalla città. quando la costruirono, gli architetti del duce pensavano che Littoria si sarebbe sviluppata intorno alla stazione, verso le montagne. invece, gli uomini hanno costruito le case verso il mare, e la stazione è rimasta lì, isolata e strampalata.

hanno mandato a prendermi. il mio chauffeur si è rivelato una ragazza dal profilo aguzzo, quasi caricaturale, con occhiali da sole d'ordinanza e guida champagne. durante il tragitto, nell'abitacolo avvertivo, a zaffate, puzza di cacca. forse aveva pestato, forse scoreggiava crudelmente in silenzio.
in tutti i casi, il finestrino del passeggero era bloccato.

l'ufficio del mio presidente si trova proprio di fronte al famoso "palazzo M", chiamato così perché è fatto a forma di M. la M di mussolini.
a me l'architettura littoria piace. mi piacciono da morire il tribunale di milano e la stazione centrale. e mi piacciono i palazzi con i mattoni rossi a vista e le finestre in marmo bianco. per questo latina, che è città assurda, ha le sue bellezze. la geometria, la pulizia delle sue case, del suo volto, è comunque affascinante.

la sera abbiamo mangiato a latina lido, in uno di quei ristoranti a menù fisso (ci sono sempre) in cui ti ammazzano di pesce. poi, ciucco, mi sono trascinato sull'ampio letto nella camera d'albergo a me riservata.

sabato ci siamo trasferiti a roma.
roma, che possiede i colori delle sabbie.
una giornata non brillante, né fortunata. risparmio la cronaca di una sconfitta annunciata e accettata.

poi, il ritorno a casa.
altro eurostar, ma di quelli con fermate a bologna e firenze.
mi siedo a casaccio, cerco un posto isolato.
quando il treno si ferma a firenze spero che nessuno venga a rompermi le palle esigendo che gli lasci il posto, con contestuale esibizione di idoneo titolo. di solito mi va bene.
sulla mia carrozza salgono non meno di 30 persone. ma una sola, ho scoperto, aveva il posto prenotato sulla carrozza: una vecchia calabrese che non sapeva nemmeno come si legge il biglietto del treno.
quelle vecchie che parlano solo il dialetto. e che lo parlano anche male, cioè non parlano un bel dialetto pulito. no, parlano il dialettaccio.
perché, come qualsiasi lingua, anche il dialetto si può parlare in una infinita serie di modi, con infinite sfumature.
in treno, per esempio, è curioso indovinare come parlerà il tuo vicino. se non lo capisci subito, perché è zitto, sai che lo scoprirai presto, perché presto telefonerà a qualcuno o riceverà una telefonata.
e appena dirà la prima parola (di solito "pronto?") tu avrai già ottenuto una importante informazione: conoscerai il suo livello di istruzione.

comunque, la vecchia calabrese blocca tutta la fila di passeggeri dietro di lei perché si ferma a leggere il biglietto. proprio davanti a me. non capisce. chiede informazioni ai signori di fianco a lei.
le indicano il posto assegnatole.
è il mio.
c'erano tre posti liberi attorno a me, e lei aveva proprio quello dove sedevo io.
faccio cenno di alzarmi.
- signora vuole sedersi qui?
- ma no, tanto è lo stesso.
però si siede, e mi scalza.

allora prendo la mia piccola borsa e mi sposto da un'altra parte della carrozza - che è piena di posti vuoti, piena di posti vuoti - dove spero di restare tranquillo fino a destinazione. sarà così.
la signora calabrese durante il viaggio riceverà alcune telefonate di parenti suoi, con i quali parlerà in dialetto.
dicevo, appunto. a volte il dialetto è piacevolissimo da ascoltare, a volte dà fastidio. come l'italiano. a volte trovi gente che parla un italiano squallido, antipatico.
quando sento che la signora dice "ah?" invece di "eh?" per significare che non ha capito qualcosa che la ha detto il suo interlocutore, provo un moto di stizza. poi mi dico che non è colpa sua. che le hanno insegnato così, sua mamma e le sue zie e i suoi fratelli e sorelle.
però poteva anche sedersi da un'altra parte.

mercoledì 11 febbraio 2009

"meno male che ci sei tu"

lo so che non sai che cosa significa
che l'hai detto così, forse per farmi piacere, senza pensare, senza capire.

però (o forse proprio per questo) sentirti pronunciare quelle parole mi ha reso tanto felice.

vero come la finzione

il titolo originale, più piatto e meno presuntuoso, è stranger than fiction.

rivisto ieri sera, e riapprezzato.
diretto da Marc Foster, di cui purtroppo non ho visto altro, e molto ben scritto da Zach Helm, al suo debutto. e che debutto.
un esempio di come si possa narrare una storia inverosimile in modo totalmente inverosimile e riuscire a farsi applaudire, a commuovere, a divertire.

vero che il film tocca temi universali (il rapporto tra l'artista e la sua creazione, l'eternità, la caducità). ma non tutti sanno farlo con la dovuta leggerezza.

il caso, argomento carissimo ai registi, è appena sfiorato. e non interferisce.

comunque. will ferrell e maggie gyllenhaal sono bravissimi. emma thompson pure. dustin hoffman a me dà sempre l'aria di uno che fa l'attore. queen latifah è una bomba sexy qualunque cosa faccia. anche se le gambe accavallate della gyllenhaal sull'autobus farebbero resuscitare un morto.

citazione obbligatoria: "un uomo che sa di morire e lo accetta, è proprio il tipo d'uomo che si vorrebbe tenere in vita".

un sogno

carla signoris mi invita a casa sua.
naturalmente io sono innamorato di lei, e spero di farmela.
arrivo alla proprietà, una specie di capannone con annesso terreno, cancellata, parcheggio per le auto, vicino a una sorta di tangenziale. uno scenario periferico nel complesso poco attraente.
scopro molto presto che carla è innamorata, ricambiata, del mio amico marco p.
nel contempo vive con un compagno, o marito, da cui ha anche un figlio, o figlia.

mi invita a pranzo, ma io sono tutto nudo.
vado in bagno, nell'imbarazzo della situazione, per trovare una soluzione. mentre sono lì che armeggio con gli asciugamani, arriva lei, che con la sua dolcezza e la sua grazia mi dice che non c'è nulla di cui preoccuparsi.

non so interpretare il suo comportamento. non è ambiguo. sono io che non capisco se è solo la sua dolcezza o se in qualche modo le piaccio.

mi dà un paio di pantaloncini da calcio, sintetici, e una maglietta, intonati sull'arancione.
mi presento a tavola. il marito è molto più giovane di lei. e di me.

a un certo punto mi trovo su un divano, con lei. ci abbracciamo. io sono eccitato e speranzoso. c'è molta tenerezza da parte sua, ma niente più. nella mia mente c'è la percezione che il rapporto con marco p. non la soddisfi completamente. indovino una qualche attrazione per me, frustrata però dal senso di colpa e dall'affetto per il suo amante.

in tutto questo, mi resta oscuro lo scopo della mia presenza lì. ho avuto problemi di parcheggio. a un certo punto sono stato anche ostacolato da una scolaresca in uscita dalla scuola che si trova accanto o nella proprietà della mia ospite. una ragazza, in particolare, che ha un qualche legame con carla, sale su un'automobile e fa o dice qualcosa di estremamente simbolico, che tuttavia non colgo.

domenica 8 febbraio 2009

alla faccia di anselmo

se Dio esistesse, sarebbe già stato ospite da fabio fazio.

sabato 7 febbraio 2009

lontano

anche se sono qui
se respiro accanto a te
sono troppo lontano
dalla tua testa perfetta
indegno del tuo sonno

venerdì 6 febbraio 2009

né speranza, né salvezza.

la fatica di discernere il giusto diviene insostenibile quando ci si avvicina ad argomenti sottili.
personalmente, non vorrei mai vedere mio padre soffrire per diciassette anni per me. non vorrei vederlo apparire né sentirlo un solo minuto al mio capezzale, mentre mi porta il brodino, mi sussurra nelle orecchie, geme, non si dà pace.
non lo vorrebbe nessuno.

mio padre mi ha messo al mondo e, tutto sommato, non troverei assurdo che fosse lui a decidere della mia sorte ove non fossi in grado di esprimermi.
se un giorno dovessi trovarlo assurdo, spero che la mia ira sia limitata ai pochi minuti che mi separano dall'iniezione finale, dal cuscino caldo e morbido.
e se non ci fosse più mio padre?
se non ci fosse alcun parente?
pazienza. andrebbe bene il primo della lista.

vero. nessuno di noi può sapere che cosa proverà nel momento esatto in cui starà per morire. e anche se lo scrivessimo, anche se lo sottoscrivessimo davanti a un notaro, non cambierebbe niente.
magari in quel momento vorrei la mano di un sacerdote, chi può dire.
ma sarebbe troppo tardi.
d'altra parte, uno dei traguardi dell'età adulta è rendersi conto che non sempre è possibile tornare indietro. anzi, quasi mai.
la vita è proprio questo.

naturalmente stiamo parlando solo dell'ipotesi in cui siamo lì, attaccati alla macchina, in coma. ogni altra ipotesi non va nemmeno discussa.

ora, pensare di porre fine a una vita umana perché alcuni giudici hanno "ricostruito" la volontà del malato mi pare un gesto arrogante e stupido.
un giudice è la persona meno indicata per ricostruire qualunque cosa.

nondimeno, non riesco a trovare niente di più arrogante di uno che sceglie di essere papa. di parlare da papa, di vestire da papa, di fare il papa.
il papa è, in ogni suo istante, la persona più arrogante del mondo.

comunque vada a finire la storia di eluana englaro, una cosa è già certamente accaduta.
i preti, con tutta la cattiveria di cui sono capaci, sono riusciti a raggiungere il loro scopo: dipingere un padre come un assassino. un uomo che vaga da una clinica all'altra, da un giudice all'altro, sperando di trovare il modo di liberarsi di una figlia che è diventata un peso. un uomo che uccide.

i preti, comunque vada, hanno vinto ancora.

mercoledì 4 febbraio 2009

altri allegri eroi

non considero il cambiamento di opinione un argomento dirimente.
non è intelligente farlo, né non farlo. certamente non è intelligente discuterne.

trovo tuttavia avvilente la deliberata ostinazione.

se c'è un vescovo che, nel nobile solco della tradizione cattolica, ritiene di negare la shoah, ci può ben essere chi ritiene george w. il migliore dei presidenti e la guerra in iraq la più opportuna delle guerre. se poi quest'ultimo ha anche il coraggio di dire che la juventus è la squadra degli onesti, tanto meglio. abbiamo sicuramente capito.

nella caricatura di un quotidiano c'è tanto posto per caricature di giornalisti.

lunedì 2 febbraio 2009

zargo's lords

il primo, per me, fu Legio VII
poi venne Zargo's.



poi qualche partita a Wohrom e Okinawa.

poi passammo a Dungeons & Dragons. tutti i venerdì sera, per anni.
si faceva tardi. si mangiava il ciambellone. due si fidanzarono.

tutto quello che si vuole, ma chi ha giocato a Zargo's Lords non se lo dimentica più.
l'international team.
spettacolo.

federico buffa

Federico Buffa è il più bravo commentatore vivente in lingua italiana. forse anche qualcosa di più.
non so infatti cosa succede nella nuova zelanda, ma i commentatori inglesi o tedeschi di sky ed eurosport, per esempio, fanno abbastanza pena. e i commentatori americani di basket, con tutto il rispetto, a uno come buffa non gli portano nemmeno le scarpe.

deve essere per questioni contrattuali a me ignote che, quando il Nostro commenta accanto a Flavio Tranquillo, è quest'ultimo che saluta anche per lui, suo fido scudiero, mentre quando egli commenta accanto ad alessandro mamoli saluta prima l'uno ma poi anche l'altro.

stiamo parlando di basket.

il basket è uno sport che ho praticato poco perché sono basso di statura.
peccato per me, perché è uno sport bellissimo.

tranquillo lo centrai qualche mese fa su un volo milano-roma. sul volo c'era anche una giornalista di sky. tranquillo, che, sia detto per inciso, è un gigante, un telecronista strepitoso, un fenomeno, fece il brillante con la collega per tutto il tempo, subissandola di parole e impedendole di interporre qualsivoglia rilievo. d'altra parte, origliai, era appena tornato da una trasferta americana con annessa intervista pucci pucci con mike d'antoni. come non capirlo.
quando atterrammo, non riuscii a non rappresentargli la mia stima e i miei complimenti, ma suonai come sempre incomprensibile e mi beccai pure una risposta gelida e definitiva.

fortuna che non incontrerò mai Paul McCartney: resterei a balbettargli in faccia come un idiota per il tempo necessario a farmi allontanare.

ma dicevamo di buffa.
qualsiasi sua telecronaca è la telecronaca perfetta: piena d'amore per lo sport, tecnicissima, divertentissima, sapientissima, eclettica, colta.
il senso della telecronaca dovrebbe stare nel valore aggiunto che promana dalle parole del cronista per giungere alle orecchie si presume meno preparate dell'ascoltatore.

però noi siamo stati educati per decenni al contrario. a telecronisti che ne sapevano meno di noi.
era un fatto strano, ma come a tutto il resto ci siamo abituati abbastanza presto.
certo, c'erano, e ci sono ancora oggi, casi clamorosi.
a proposito di tennis, ad esempio, come non ricordare il leggendario Guido Oddo?
di lui leggiamo su wikipedia: "È morto all'età di ottantasei anni: la notizia venne diffusa una settimana dopo la sua scomparsa per una sua precisa volontà".

ciò che mi rende l'Oddo più misterioso.
(è proprio della morte svelare segreti e generare misteri)

ho già detto in passato sull'argomento telecronisti.
aggiungo solo che le telecronache di jacopo lo monaco e soprattutto federico ferrero durante l'australian open mi hanno fatto un po' rimpiangere le mie adorate ziette, lasciate a casa da sky come per il roland garros e lo us open.

in diretta da tampa in questo momento bruce springsteen, il camionista in cui tutti ci identifichiamo, sta entusiasmando il pubblico durante l'intervallo del superbowl.
la telecronaca dell'evento è buona. migliore certamente della musica.

Buffa, ho scoperto, è milanista.

domenica 1 febbraio 2009

s'io fossi un duo di scabre chele

ieri su radio tre ho sentito una poetessa recitare alcune sue composizioni.
pensavo fosse uno scherzo, invece era una cosa seria, almeno per l'autrice.
per chi volesse conoscerla, nulla di meglio della consultazione del suo sito.
come si vedrà, sono numerose le pubblicazioni.
debbo confessare una certa lontananza dalla poesia contemporanea.
l'unica mia fonte di cognizione è il mio amico dominicus, poeta dolente superiore a tanti altri, che però vedo troppo poco.

tra poche ore federer e il terraiolo giocheranno la finale dell'australian open.
l'australian open è il torneo più sfigato del grande slam. non ha il pathos del roland garros, il blasone di wimbledon, l'importanza dello us open. però è un bel torneo. e tutti gli anni ci sono delle grandi partite. la più bella che ricordi fu un quarto di finale tra roddick e el aynaoui finito 21-19 al quinto. quest'anno per fortuna non mi devo alzare alle cinque per vedere la partita.

io spero che vinca federer, ma più o meno come quando, alle elezioni, spero che vinca l'uno quando l'altro è romano prodi. beh, non è proprio così.
mi spiego un po'.
stasera ho visto il film del torneo di wimbledon 1971.
finale femminile: margaret smith court contro evonne goolagong.
finale maschile: john newcombe contro stan smith.
finale doppio maschile: ashe/ralston contro emerson/laver.
quell'anno vinsero tutto gli australiani (goolagong batté court).

stan smith. john newcombe. rod laver. arthur ashe.
dei signori. degli artisti.

all'epoca al cambio di campo non c'erano né sedie, né asciugamani, né paggi, né ombrelloni.
oggi invece ad ogni punto il giocatore ha diritto di farsi portare un asciugamano. e a 26 anni è già vecchio per giocare.
ken rosewall ha vinto l'australian open a 38 anni, 19 anni dopo la sua prima vittoria nello stesso torneo. il 22enne nadal fra due anni farà il giornalista sportivo, o il conduttore televisivo.

nel mondo che degenera, nadal è la degenerazione del tennis.

in sicilia il mondo degenera meno.
in sicilia sopravvive l'economia del baratto.

non è infrequente, infatti, imbattersi in uomini che per la strada vendono i prodotti della terra che coltivano, con profitto modestissimo.
i gruppi di acquisto solidale, i cosiddetti gas, muovono da posizioni critiche verso il mondo moderno, ma sono, con ogni evidenza, un'altra cosa.

e invece sarebbe semplice, per lo meno su piccola scala.
io ti vendo i miei peperoni, tu mi vendi le tue arance, l'altro l'olio, l'altro ancora il latte.

torneremo all'età rurale, alla racchetta di legno, alla poesia.