lunedì 17 dicembre 2007

insisto sulla conversazione

stanotte, fatto non raro, ho fatto fatica a dormire.
su raisat cinema c’erano tre film del giovane polanski: repulsione, cul de sac, il coltello nell’acqua. il primo è bellissimo, il terzo è bello, il secondo dev’essere bello ma me lo sono perso, preso com’ero in piena notte dalla risistemazione dei canali sul secondo decoder. peccato, perché c’era françoise dorléac.
prima delle ore 4, quando sono tornato a letto, ho avuto la fortuna di vedere un filmone: lettera da una sconosciuta, di ophuls, 1948. e alle 23 mi sono rivisto per l’ennesima volta la conversazione.
ecco, il mio amico AM (ché così si firma) ritiene che il film "le vite degli altri" sia "un film tedesco". credo di interpretare correttamente traducendo "tedesco" in "crucco". ovvero film rigido, scabro, secco.
giusto. ma non solo. resto della mia idea.
idea che, dopo aver rivisto la conversazione, che il destino buono mi ha fatto di nuovo apprezzare, non posso che confermare.
un film perfetto.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il film "le vite degli altri" è tedesco anche perché ha una struttura tragica.
Tutti i personaggi al di fuori del protagonista tragico sono tutti d'un pezzo e non cambiano mai: il cattivo è cattivissimo e resta cattivissimo anche nella RFT, il buono è buono, bello, scrittore, generoso e di successo, insomma, kalòs kai agathòs, la femme fatal è la femme fatal, drogata, innamorata, infida e, alla fine, muore.
L'unico che subisce un'evoluzione è proprio il protagonista tragico che, essendo tedesco, manifesta il suo travaglio solo con le sue azioni senza mai far trasparire emozioni neppure a parole.
Un film del genere, se lo avessero fatto gli italiani (e, forse, anche gli americani), sarebbe stato o una farsa o una trombonata pazzesca. Fatto dai tedeschi è una tragedia greca moderna.
AM

Anonimo ha detto...

una recensione bellissima. niente da aggiungere se non i miei complimenti.