martedì 14 agosto 2012

i figli di Nabokov

a catania, diciamo immediatamente intorno a catania, sono sorti, negli ultimi dieci anni, i seguenti centri commerciali, uno più grande dell'altro, come vuole la tradizione: le porte di catania, centro sicilia, etnapolis, katanè, le ginestre, i portali.
tutto questo inscritto in un contesto che vedeva già dai dieci anni precedenti l'esistenza del più grande polo commerciale della sicilia, cioè il paese di misterbianco, collegato a catania come sesto san giovanni o corsico lo sono a milano, nel cui territorio si trovavano, come si trovano ancora, centinaia di capannoni deputati alle più svariate attività: abbigliamento, calzature, giocattoli, elettrodomestici, alimentari, arredamento, articoli sportivi, bricolage, ecc.
all'interno di ciascun centro commerciale, come tutti sanno, ci sono sempre gli stessi negozi: le valigerie, le profumerie, i negozi di abbigliamento, il grosso venditore di elettrodomestici e affini, l'ipermercato (auchan ne può contare ben tre - i francesi sono parecchio aggressivi, se aggiungiamo anche decathlon e leroy merlin, pure presenti), il negozio di giochi per xbox ps3 e wii, la ristorazione, e così via. tutto in franchising. ogni tanto qualcuno va male, chiude, e dopo un mese al suo posto apre un altro. come i pesci nell'acquario. finché si desidera l'acquario.
quando vado in questi luoghi, per un motivo o per l'altro, osservo le persone che vi si muovono.
le osservo da tempo, senza grosse pretese antropologiche.

ebbene, succede che sto leggendo le memorie dell'infanzia di nabokov ("Parla, ricordo", Adelphi) ed ecco che, più o meno a pagina 250, sono catturato da un pensiero.
nabokov era figlilo di nobili, ricchissimi. a 9 anni parlava e scriveva correntemente in tre lingue (russo, inglese e francese). nella sua casa, ovunque essa fosse (giacchè la famiglia era solita spostarsi tra le varie residenze), si succedettero governanti e precettori russi, francesi, polacchi, inglesi, scozzesi. ebbe due fratelli e due sorelle. nel 1917 i bolscevichi suggerirono ai nabokov l'esilio e da lì fino alla morte egli visse da emigrato, insegnando e scrivendo.
comodo fare l'intellettuale quando hai a disposizione una vasta biblioteca, carrozze, campi da tennis e insegnanti privati.
invece no. non è così. non c'entra niente la letteratura con la vasta biblioteca e il precettore multilingue.
la letteratura non ha niente a che vedere col censo, con la scuola, con l'obbligo di studiare.
l'unico problema che esiste al mondo è la fame. tutti gli esseri umani devono avere un pezzo di pane e un poco di acqua. in realtà tutti potrebbero serenamente vivere mangiando, in misura diversa a seconda delle condizioni del luogo e del clima, cereali, frutta, verdura, coniglio, pollo e pesce. e bere acqua. comunque, siccome oggi questo non accade, perché c'è ancora gente che muore di fame, il problema da risolvere è questo.
se ne parla, lo so. ma si parla anche, e molto, di una cosa che chiamano accesso alle risorse.
questo non è un problema. accesso alle risorse significa pane e acqua per tutti. acqua e cereali, frutta, verdura, coniglio, pollo e pesce. risorse presenti sulla terra e presenti per tutti. non significa accesso all'istruzione superiore, ai beni di consumo.

quando tutti hanno da mangiare, l'unico povero è il povero di risorse intellettuali.
e questa povertà è incancellabile.
se dai un libro a 100 persone, la maggior parte di esse non lo leggerà, o se lo leggerà, non ne ricaverà alcun nutrimento, alcun beneficio, alcun lampo.
il figlio del pastore avrà comunque il suo lampo, il suo brivido lungo la schiena. in un modo o in un altro (la pagina di un settimanale abbandonato, il regalo di una vecchia zia matta, il quotidiano che avvolge un ceppo), si troverà prima o poi di fronte alla vertigine provocata dall'impudico accoppiamento di un nome con un aggettivo, perdutamente avvinghiato dalla spirale di un verbo, dovrà fare i conti con il profondissimo mistero di un'immagine scaturita dalla bizzarra comitiva di una manciata di vocaboli, un mistero che lo stordirà e lo condannerà per la vita.
per quanto destinato a una vita da pastore, da garzone, ti capiterà prima io poi in mano un brandello di qualcosa di scritto. e quando tuo padre ti costringerà a seguirlo per i monti, all'alba, o in negozio, o per strada, quando ti rimprovererà perchè non hai voglia di seguirlo, e ti frusterà quando scoprirà che hai speso quei due soldi per un libro, tu non potrai fare a meno di prenderti quelle frustate, quelle botte, con la tragica certezza che l'esperienza si ripeterà perché dovrai comprare, rubare, prendere a prestito un altro libro.

il problema non è nemmeno che non tutti gli umani possono o non possono avere un ipad, un ipod un cellulare o un'auto. il problema è che se cento persone hanno un ipad o possono navigare in internet, uno userà questo strumento per leggere alda merini o francois villon, gli altri 99 lo useranno per chiacchierare, giocare a poker online, scrivere cose inutili come quelle che sto scrivendo io.
una volta i figli dei ricchi andavano a scuola e i figli dei poveri no. così i figli dei ricchi leggevano libri e i figli dei poveri no. adesso i figli dei ricchi e i figli dei poveri vanno tutti a scuola. ma i figli, dei ricchi e dei poveri, non sono diventati migliori per questo motivo rispetto ai loro nonni. i figli di oggi vanno nei centri commerciali, ammassati come bovini senza il nastro trasportatore e la scarica elettrica, senza sapere che cosa fanno perchè lo fanno. tutti costoro hanno un cellulare e un motorino. ma il motorino lo usano per fare avanti e indietro per la strada. il cellulare per scrivere messaggi insulsi ad altre persone insulse. hanno accesso alle risorse ma non sanno cosa farsene. questo è il problema.
qualunque accesso alle risorse non risolve il problema che le risorse non servono a chi non sa riconoscerle, ovvero in altre parole vanno sprecate. questo spreco è un fattore importante, dal punto di vista anche solo squisitamente macroeconomico.
quando l'accesso alle risorse (libri) era limitato, c'è sempre stato quello che tale accesso non avrebbe dovuto avere e invece l'ha trovato per conto suo. così come deve essere.
l'accesso alle risorse ha generato il consumatore, lo zombi.

essi vivono.


9 commenti:

W.B. ha detto...

"Bizzarra comitiva".

Anonimo ha detto...

Il placebo della moderazione, invocare l'equilibrio, lascia l'amaro in bocca. Certamente anche esprimere giudizi, in controtendenza rispetto al piacionismo dilagante, lo lascia. La ricerca di un senso per la vita umana conduce nel primo caso al relativismo più spinto e quindi nell'accettazione del valore della vita come di un misto di nozionismo scolastico e di prodotti in saldo da Celio o da Intimissimi, nel secondo al constatare come la vita che tutti vorrebbero è in ultima analisi quella di Bolt congiunta a quella di Mozart e di Gauss e quindi nell'accettare l'ininfluenza della vita dei più dinnanzi alla vita dei pochi. La prima accezione porterà alla mangiatoia scolastica del bigino con merendina acclusa, la seconda allo sterminio di massa. Il neo della prima è la fine della specie. Il neo della seconda è la sopravvivenza di alcuni mediocri attraverso la morte di tutti gli altri, sommi artisti, scienziati ed atleti compresi. Non credo si possa sfuggire alla realtà, l'essere umano è in gran parte un primate con molte( spesso troppe) ambizioni...

Anonimo ha detto...

Non si possono porre in contrasto (di priorità nelle società complesse) l'accesso alle risorse intellettuali e alimentari, sono due fattori di sviluppo civile e sociale fortemente associati. Anche nell'ambito del diritto, oltre che in quello economico, tale impostazione è pressoché unanime. Qualche moderno, preso dal modello dell'evoluzione espansiva dei diritti nell'accezione progressista, riteneva che il meccanismo virtuoso della crescita del benessere di una comunità fosse fortemente incentrato sulla garanzia dei diritti sociali, quale ad esempio il diritto all'istruzione. Purtroppo tali tesi, provengano dal diritto, dall'economia o dalla sociologia sono sempre state incomplete, perché giustificate da teorie economiche inidonee a collocare produttivamente il fattore immateriale nel sistema economico. Il fatto è che l'Occidente si è fermato ad un'ottica libertaria sul piano della cultura, dove ciò che conta è la sola libertà di espressione, accanto alla libertà di arricchirsi con il correttivo del contributo alla spesa pubblica. Tutto in modo ragionieristico (ex parte principis) e irresponsabile (ex parte populi et principis), senza mai un confronto sui metodi, mancando per l'appunto un modello economico che contempli tali prerogative qualitative come essenziali. E d'altra parte, Pim, non troviamo fortuna neanche sul tuo blog, dato che le analisi dell'Anonimo non dicono nulla di nuovo in tal senso, se non aleggiare a qualche critica latamente spenceriana senza intuirne l'assoluta inefficacia. Le soluzioni ci sono, e attendo tuttavia che il tuo approccio si faccia più propositivo per contribuire ad alimentare il tuo personale contributo produttivo. A tal proposito, mi associo a Doppiovubi nella sottolineatura: secondo me si sente la mancanza di qualche post più letterario e ispirato...

Paolo

pim ha detto...

riconosco lo scarso valore letterario del post, strutturalmente, oltretutto, molto mal confezionato.
ero interessato al messaggio.

la metto così: finché non ci sarà pane e acqua per tutti gli esseri umani sul pianeta, ogni altro discorso è accademia.
accesso alle risorse, oggi, per noi, significa due cose:
1) accesso a beni e servizi di cui la stragrande maggioranza delle persone non ha bisogno e non capisce il senso
2) conseguente impossibilità per una massa più grande di persone di accedere alla risorse primarie (cibo, medicine, alloggi) in quanto queste risorse sono prosciugate dalla volontà di fare accedere a risorse secondarie un numero crescente di persone nelle aree del mondo più sviluppate.

in altre parole ancora:
nel momento in cui sottoscriviamo un contratto con un gestore telefonico e riceviamo in regalo uno smartphone, togliamo pane e acqua a qualcuno. mi sembra ridicolmente ovvio.

i maggiori doppiatori dei simpson, dan castellaneta e nancy cartwright, ricevono, dal 2008, un compenso di 400.000 dollari a episodio, per 22-23 episodi all'anno. la paga iniziale era, nel 1989, di 30.000 dollari a episodio.
evidentemente non stiamo parlando di big dell'entertainment.
taylor lautner e robert pattinson, per fare nomi forse più celebri (ma sempre molto lontani dai big) hanno guadagnato nell'ultimo anno solare, solo come compenso da attore, 26,5 milioni di dollari ciascuno.

quando lautner, pattinson, castellaneta, umberto veronesi, ronaldo, monti, io, doppiovubi, paolo e tutti gli anonimi saremo a pane e acqua, ne riparliamo.

Anonimo ha detto...

Il discorso va gestito meglio. Ad esempio, così scrivendo sembri partire dal presupposto che l'economia dell'accesso ai beni primari non sia assolutamente influenzabile dalle modalità con cui gli operatori intervengono sul mercato, quasi fossero soggetti passivi nelle scelte. Però, quando vuoi giustificare le ricadute negative di una certa parte del mercato (smartphone) sull'accesso ai beni primari, consideri scontati nessi causa-effetto tra piani microeconomico e macroeconomico che implicano necessariamente il coinvolgimento di tali fattori organizzativi e produttivi.
Ancora di più, aggiri il tema del rapporto tra valore di mercato esagerato di servizi a basso valore aggiunto (il doppiaggio dei Simpson) e lo scarso valore conferito ai prodotti ad alto valore aggiunto. Eppure è sotto gli occhi di tutti che il primo grave problema delle economie depresse è l'assenza di innovazione e crescita dei fattori cognitivi nell'ambito della produzione, e questo - mi permetto di dire - è un problema ancora più grave della scarsa distribuzione delle risorse, perché è a monte anche di essa. Se non produco bene, spreco risorse umane e intellettuali, rivolgo l'attenzione a prodotti di quart'ordine, alimento l'economia finanziaria e il compenso dei doppiatori dei Simpson, disincentivo la formazione alta, faccio cadere il Pil, alzo l'inflazione, riduco l'accesso alle risorse primarie, freno la redistribuzione. Se la produzione è scadente la gente non mangia, questo dovrebbe essere la conclusione alla tua analisi. E tutto con molta concretezza e solo qualche passaggio logico in più.

Paolo

Anonimo ha detto...

il centro commerciale è l'apoteosi della cultura occidentale: è un mondo studiato per sollecitare l'attenzione, il piacere ed i sensi degli uomini e per permettere a chi vi si garantisce un posto di poterlo fare lui stesso. Homo mensura omnium rerum fatta realtà architettonica, sociale ed economica.
Ma di quale uomo stiamo parlando: non certo dell'uomo di straordinario o eccezionale in occidente non è più il tempo nè ci sono uomini straordinari ed eccezionali che se lo possono permettere (Versailles, le piramidi appartenevano a quell'epoca).
Stiamo parlando del consumatore, dell'uomo dotato di un minimo di portafoglio (e se proprio non ce l'ha, glielo anticipiamo noi) del nuovo re democratico di questa era. E' ai suoi gusti ed alle sue aspirazioni che si edificano le nuove cattedrali, si declina l'arte si pizzica la cetra in cambio della possibilità di conquistare un minuto della sua attenzione e l'accesso al suo portafogli. Certo, un consumatore solo non basta (i portafogli di Mecenate, di Ippolito d'Este, di Guido da Polenta erano molto più capienti ma i loro possessori potevano essere anche molto capricciosi...) ed allora bisogna rincorrerli tutti renderli tutti felici. E' un male ciò?
AM

W.B. ha detto...

Non sono sicuro di riuscire a capirvi bene.

Anonimo ha detto...

Sono tentativi estemporanei di discutere di macroeconomia con reminescenze di filosofia della storia da un lato e i postumi di molte obbligate code al supermercato dall'altra. E spesso con netta prevalenza della seconda variabile. Doppiovubi per poter intendere a dovere dovrebbe prima fare 3-4 code al supermercato, magari perché ogni volta dimenticatosi di qualcosa della lista della spesa mentre riflette sul rapporto tra Ippolito d'Este e il consumatore. Solo allora potrà far parte attiva del novello Circolo Pickwick.

Paolo

W.B. ha detto...

http://doppiovubi.blogspot.it/2007/09/hummer.html
Ipse dixit.