martedì 8 novembre 2011

viva il nano!

Io non lo voglio vedere federico rampini, non voglio sentire la sua erre, non voglio sentire che vive a new york e che ha girato tutto il mondo e che ha vissuto sempre all’estero. non voglio sentire fabio fazio, non voglio vedere la sua faccia, la sua cravatta non voglio sentire gad lerner, non voglio vedere le sue giacche non voglio sentire rosi bindi non voglio sentire vendola non voglio sentire bersani non voglio sentire la lega non voglio sentire michele santoro non voglio vedere floris non voglio vedere la sua faccia non voglio sentire travaglio non voglio vedere i suoi capelli la sua bocca non voglio sentire il tg3 non voglio sentire mentana non voglio sentire la gabanelli non voglio sentire crozza. non voglio.

Voglio vedere il nano. Voglio vedere il nano che balla in mezzo alle sue ballerine con le tette gonfie e le gambe lunghe e le scarpe col tacco il nano in mezzo alle sue dodici ballerine sceme e bionde che gli dicono che è unico e bello e intelligente e meraviglioso e stupendo e ballano intorno a lui

Non voglio leggere i giornali non voglio sentire cosa hanno da dire i direttori e i vicedirettori dei giornali non voglio sapere cosa dicono gli intellettuali

Voglio vedere il nano. Il nano col suo doppiopetto goffo, immenso, ridicolo. voglio vedere il nano che canta che balla che balla che canta che ride. Il nano sempre più grasso e sempre più nano e sorridente che si trasforma in una specie di palla tutta blu rotonda e sorridente coi bottoni

Non voglio sentire l’opinione di confindustria non voglio sapere cosa ne pensano i mercati non voglio sapere cosa ne pensano gli studenti non voglio sentire il parere di di pietro non voglio sentire il parere di maroni non voglio sentire il parere di cicchitto non voglio sentire il parere di la russa non voglio sentire il parere di fini

Non voglio sentire trasmissioni di approfondimento politico. voglio solo vedere il nano con le sue donne tutte intorno che battono le mani sorridenti che applaudono tutte contente voglio vedere il milan che solleva la coppa dei campioni

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Lucignolo, ricorda che alla fine l'omino di burro venderà la tua pelle di asino morto ad un fabbricante di tamburi.

Il tuo amico burattino di legno.

W.B. ha detto...

C'è una immensa verità nel significato di questo post. Cioè che la vita è un gioco, e dobbiamo trattarla come tale. Se abbiamo la fortuna di riuscirci.

Anonimo ha detto...

Anonimo, la cosa che conta di più è non finire nell'ottica incredula e grettamente materialista di Mastro Ciliegia, prima ancora di rincorrere le innocenti divagazioni di uno "scolaro" della vita per un giorno in vena di feste (che mai venderebbe l'abbecedario, o almeno non prima di averlo letto...).

Peraltro questo moralismo profetizzante sventure mi ricorda la versione degenere del Grillo Parlante, dopo una ciucca clamorosa da Ballarò. Altro che burattino.

Paolo

Anonimo ha detto...

Degenere lo sono,
non sopporto Ballarò
e le ciucche le prendo con gli amici.

Rispetto il pim, che di abbecedari ne ha letti senz'altro più di me e
godo nel profetizzare sventura.

Scaramanzia o sfiducia?

Certo dei 5 zecchini d'oro che avevo sepolto non ne resta più traccia...

Anonimo ha detto...

Secondo me semplice sfiducia, la scaramanzia è per le persone "complesse" (come le definirebbe Pim).

Peccato per tale trastullo senza risultato utile. In fondo basterebbe fissare meglio lo sguardo sugli aspetti positivi, o voltarlo altrove, dove proprio non se ne trovassero. E' la base del c.d. "gioco della felicità", che si incontra in un altro capolavoro per l'infanzia (e non solo), Pollyanna.

Con quel gioco, assai più promettente, è facile ritrovare anche i propri zecchini, perfino con gli interessi.

Paolo

pim ha detto...

interessante il tuo obiter dictum, Paolo. vorrei scrivessi qualche parola in più sulla scaramanzia per le persone complesse, dato che secondo molti la scaramanzia trova terreno fertile nell'ignoranza e nella volontà di ignoranza. non voglio dire che l'ignoranza è nemica della complessità. tuttavia, secondo me, e spero di non introdurre un altro argomento, sono scaramanzia il rosario, il segno della croce, la preghiera pubblica, l'immagine del sacro cuore di Gesù, così come manifestazioni di puro paganesimo sono il marianesimo del XX e XXI secolo (nella declinazione del culto dell'effigie) e l'iconografia cattolica del Cristo biondo superstar.

ovvero, il cuore puro e la persona complessa come e quando sono, se lo sono, compatibili?

a te.

Anonimo ha detto...

Rispondo molto volentieri alla domanda. La scaramanzia è un atteggiamento che non ha direttamente a che vedere con l’ignoranza, al massimo ne dà motivo di crescita in un particolare campo, quello dei mezzi per risolvere o accettare le conseguenze dei problemi umani. Infatti, la scaramanzia è un tipico atteggiamento difensivo, che può essere assunto anche da una persona colta, secondo schemi ripetitivi e/o rituali che forniscono una rassicurazione psicologica momentanea alla persona di fronte a eventi che non si intendono affrontare in scienza e coscienza.
In merito alla religiosità, che parimenti può coinvolgere aspetti ripetitivi e/o rituali, ma in un quadro di senso più ampio e non per forza antitetico alla razionalità analitica, è pur vero che si possa scadere nella scaramanzia e nel paganesimo. Questo accade quando un fedele scimmiotti l’atteggiamento pio e devoto, fuorviandone il senso, ad esempio ricorrendo a un santo o a Dio per ricevere i numeri del lotto. Quando invece il fenomeno religioso rimanda a condotte non confliggenti con la ragione, perché in grado di costruire un senso complessivo dell’agire (ad esempio, pregare di fronte a un simbolo religioso/iconografico ammettendo la propria debolezza/insufficienza, e affidarsi a Chi rappresenta per ricevere aiuto nell’affrontare i problemi della vita), allora non vedo il motivo di definire pagano tale atteggiamento. D’altra parte, si può riscontrare la purezza (e semplicità) di questa condotta dai risultati interiori della persona religiosa, valutando se l’esperienza spirituale abbia effettivamente arricchito il modo di affrontare i problemi, ovvero abbia migliorato l’atteggiamento verso la vita. Data la sua scarsa cornice di senso, peraltro alienante dalla realtà, la scaramanzia è certo impoverisca.
Diverso discorso è la modalità di rappresentazione iconografica, su cui si dovrebbe aprire un capitolo a parte. Se fossi interessato ad approfondire qualche aspetto, è materia che conosco abbastanza bene.

Paolo

Anonimo ha detto...

Ottimo Paolo,
accolgo con favore la tua paterna ramanzina sulla positività, conscio del fatto che tutti coloro che leggono e scrivono qui, lo fanno certo da una situazione di privilegio.
(Io in prima istanza, che faccio polemica solo per gioco, per suscitare domande e forse qualche risposta.)

Ho timore però che questo voltarsi altrove diventi un facile alibi per non voler vedere chi, non per demerito, ma per sfortuna, voltarsi non può, da nessuna parte.

Mi consola infine, e lo dico sul serio, che il vecchio Pim abbia sì autorevoli voci dalla sua.

Anonimo ha detto...

Gentile Anonimo, al massimo il mio può essere un fraterno incoraggiamento.

In realtà ho trovato positiva la franchezza della risposta, ciò che mi ha fatto pensare di poter fare un passo avanti nel discorso e osare un poco.

Infatti la correzione che leggo è altrettanto fraternamente giusta (e mi aiuta a fare chiarezza), tanto che è contenutisticamente identica alla elaborazione della psicologia cognitiva di una "sindrome di Pollyanna", con riferimento proprio al romanzo di Porter e agli aspetti problematici evidenziati.

In effetti, il "gioco della felicità" che ho citato non è proprio del romanzo, bensì è il frutto - sul tema della felicità e della sofferenza - di una rielaborazione cinematografica dell'omonimo prodotto Disney e soprattutto dell'anime giapponese in qualcosa di più adatto ad evitare l'aspetto patologico ovvero moralmente ristretto che hai acutamente osservato. Qualche volta succede che i film superino - o meglio, completino - i libri.

In altre parole, non si tratta di non considerare le sofferenze e le brutture, solo di lasciare che non prevalgano sulla consapevolezza sensibile e operativa della bellezza della vita, anche quando si viene messi a dura prova ed è inevitabile averci a che fare.
Per restare in tema, è l'atteggiamento che cerca di avere il protagonista de La sottile linea rossa - di cui al post successivo di Pim - dal momento che l'intera sua vita è appesa a un filo (sebbene, insisto, il film non ripaghi bene lo spettatore sul punto).

In ogni caso, è vero, scrivo da una posizione privilegiata, non tanto perché non sia stato o non sia in una condizione di prova oggettivamente dura, ma perché mi è stato concesso di accettare la sofferenza e la prova senza mai dimenticare quanto sia meravigliosa la vita e che in ogni secondo è possibile contribuire a questa meraviglia. E questo è un grande privilegio, che tuttavia ritengo a disposizione di tutti secondo sentieri imprevedibili.


Paolo