la domanda è: è meglio un figlio di papà che non ha mai lavorato un giorno in vita sua e che fa il comunista - come tutti, a milano, dario fo in testa - con l'appartamento in centro, o una figlia di papà, che non ha mai lavorato un giorno in vita sua e fa la grande imprenditrice- amministratrice, credendo che intraprendere sia distribuire poltrone e favori agli amici degli amici?
la cognata della cognata si è tolta di mezzo presto. però ci ha tenuto, a far votare il partito comunista al marito petroliere.
Doppiovubi, preso dalle sue teorie postlombrosiane sull'acconciatura dei politici, si affida alle generalizzazioni - che di solito stigmatizza - e così finisce per mentire. Di me, per esempio, qualche volta si fida.
Per ulteriore scherzo sul profilo curricolare (e un tentativo di ritrovare speranza per gli anni civici a venire...), sperimento un'altra generalizzazione - il nomen omen - e la applico con prudenza anche a quest'uomo. Uno che ha in sé il destino di render pia la rossa Pisa, chissà che miracoli riserverà all'arancione Milano...
In merito al commento dell'anonimo, non c'è molto da dire circa la fantasia perversa del contenuto. Quella fa pensare ad un'alterazione del sistema limbico in conseguenza del consumo eccessivo di segnali emotivamente carichi, di presumibile provenienza mediatica.
Alla base dello stress espresso dall'utente in una serata di riposo come quella del sabato vedo molto di quelle alterazioni massive, legate alla condizione postmoderna del consumo, di cui parlava Beaudrillard ne "Lo scambio simbolico e la morte". La simulazione della realtà, il richiamo segnico alla decostruzione di elementi sacrali, il tentativo di destabilizzare il lettore non sono che inequivoci strumenti di autolesione dell'utente, rapito dal fenomeno di consumo mediatico.
L'alterazione è così palese, in un contesto ironico come quello del dialogo tra Pim, Doppiovubi e il sottoscritto, da farmi pensare a una sudditanza psicologica alla società dello spettacolo con difficile via del ritorno.
Sono comunque vicino al dolore nascosto dell'utente, e senza pretesa di attaccare gli effetti delle sue patologie, ingenerando competizioni sul nulla, lo invito a essere più esplicito e meno contorto. Esprimere con chiarezza le proprie disaffezioni e difficoltà è un buon esercizio, specie se si tiene a mantenere l'anonimato.
Con difetto d'autoanalisi tipico dello stato di stress, anonimo non ha compreso che l'alienazione (ciò che egli chiama "vivere su Marte") è proprio il tipico stato di chi è assuefatto a comportamenti compulsivi e distorti riconosciuti come normali, sensati.
Il fatto che tali comportamenti si inscrivano in un fenomeno di massa, non significa che essi qualifichino la ragionevolezza della sfera cognitiva di chi li compie.
Già il fenomeno di massa - temporaneo e modaiolo - cui anonimo rimanda per giustificarsi, di per sé è caratteristico di un disturbo, qualificabile nella categoria delle alterazioni della capacità di rappresentazione emotiva indotta da etichettamenti mediatici.
Ciò che innalza tale indice fino a evidenziare uno stato cognitivo preoccupante nel mio provato interlocutore è l'uso di ulteriore spettacolarizzazione dentro il messaggio stesso.
L'individualità assoggettata ai riflessi mediatici nascosta nell'anonimato, il richiamo all'elemento di morte, alla desacralizzazione spinta, il fne di infondere sospetto e malizia nell'ironia altrui, è l'esatto contrario di ciò che dovrebbero esprimere comicità e ironia.
La commedia mette sempre in luce qualcosa, crea catarsi, sia dentro che fuori del commediante, che di certo non si arrovella nel non-senso opaco giustificato dalla legittimazione sociale simbolica.
Per semplificare con un esempio a portata di viscere, si può accettare di ridere o non ridere delle invettive di Pim o Doppiovubi, a seconda della morbosità con cui si difendono i protagonisti di "certa pop-politica" postmoderna, ma l'animosità perversa e acida, che si pretende anche capace di emulazioni indovinate, può solo far preoccupare l'uomo della strada che disponga ancora di un po' di sensibilità.
All'anonimo, per davvero, non desidero far torto in alcun modo, conscio della sua condizione. Poiché egli stesso si cela dietro ai propri commenti, sa che nessuno lo giudicherà per questi lasciti poco felici.
Non c'è alcuna ironia né sprezzo in queste risposte che legge, solo la fermezza di un desiderio di bene. Bene verso una persona che possiede - ne sono certo - interessi, curiosità e potenzialità da sciogliere, per reciproca edificazione, nella speranza che torni ad esprimersi con buon ordine verso i propri sentimenti, confusi da troppi stimoli esterni.
Buon fine settimana, spero di rilassamento lontano dai media, specialmente dai blog e dai social network.
12 commenti:
Si vede subito che questo uomo qui è davvero intelligente.
perché l'altra?
Quale altra? La cognata della cognata?
la domanda è: è meglio un figlio di papà che non ha mai lavorato un giorno in vita sua e che fa il comunista - come tutti, a milano, dario fo in testa - con l'appartamento in centro, o una figlia di papà, che non ha mai lavorato un giorno in vita sua e fa la grande imprenditrice- amministratrice, credendo che intraprendere sia distribuire poltrone e favori agli amici degli amici?
la cognata della cognata si è tolta di mezzo presto. però ci ha tenuto, a far votare il partito comunista al marito petroliere.
ai mari, ai tuffi, alle onde!
Sarà, ma io di quelli con la riga in parte non mi fido.
Doppiovubi, preso dalle sue teorie postlombrosiane sull'acconciatura dei politici, si affida alle generalizzazioni - che di solito stigmatizza - e così finisce per mentire. Di me, per esempio, qualche volta si fida.
Per ulteriore scherzo sul profilo curricolare (e un tentativo di ritrovare speranza per gli anni civici a venire...), sperimento un'altra generalizzazione - il nomen omen - e la applico con prudenza anche a quest'uomo. Uno che ha in sé il destino di render pia la rossa Pisa, chissà che miracoli riserverà all'arancione Milano...
Paolo
Aspettate a giudicare il mio operato di sindaco, prima di valutarmi per la pettinatura o per il cognome.
G.P.
pisapia ti uccide e poi viene a disegnarti i cazzi sulla tomba
In merito al commento dell'anonimo, non c'è molto da dire circa la fantasia perversa del contenuto. Quella fa pensare ad un'alterazione del sistema limbico in conseguenza del consumo eccessivo di segnali emotivamente carichi, di presumibile provenienza mediatica.
Alla base dello stress espresso dall'utente in una serata di riposo come quella del sabato vedo molto di quelle alterazioni massive, legate alla condizione postmoderna del consumo, di cui parlava Beaudrillard ne "Lo scambio simbolico e la morte". La simulazione della realtà, il richiamo segnico alla decostruzione di elementi sacrali, il tentativo di destabilizzare il lettore non sono che inequivoci strumenti di autolesione dell'utente, rapito dal fenomeno di consumo mediatico.
L'alterazione è così palese, in un contesto ironico come quello del dialogo tra Pim, Doppiovubi e il sottoscritto, da farmi pensare a una sudditanza psicologica alla società dello spettacolo con difficile via del ritorno.
Sono comunque vicino al dolore nascosto dell'utente, e senza pretesa di attaccare gli effetti delle sue patologie, ingenerando competizioni sul nulla, lo invito a essere più esplicito e meno contorto. Esprimere con chiarezza le proprie disaffezioni e difficoltà è un buon esercizio, specie se si tiene a mantenere l'anonimato.
Paolo
*Cazzo, Paolo, ma tu vivi su Marte?
sulla terra ci divertiamo così: www.pisapiafacts.it
Ad esempio: "poco prima che Noé chiudesse l'arca, Pisapia gli regalò una scatola: quella con le due zanzare..."
PS Scommetto che ignori anche l'esistenza del gaio quartiere di Sucate...
Con difetto d'autoanalisi tipico dello stato di stress, anonimo non ha compreso che l'alienazione (ciò che egli chiama "vivere su Marte") è proprio il tipico stato di chi è assuefatto a comportamenti compulsivi e distorti riconosciuti come normali, sensati.
Il fatto che tali comportamenti si inscrivano in un fenomeno di massa, non significa che essi qualifichino la ragionevolezza della sfera cognitiva di chi li compie.
Già il fenomeno di massa - temporaneo e modaiolo - cui anonimo rimanda per giustificarsi, di per sé è caratteristico di un disturbo, qualificabile nella categoria delle alterazioni della capacità di rappresentazione emotiva indotta da etichettamenti mediatici.
Ciò che innalza tale indice fino a evidenziare uno stato cognitivo preoccupante nel mio provato interlocutore è l'uso di ulteriore spettacolarizzazione dentro il messaggio stesso.
L'individualità assoggettata ai riflessi mediatici nascosta nell'anonimato, il richiamo all'elemento di morte, alla desacralizzazione spinta, il fne di infondere sospetto e malizia nell'ironia altrui, è l'esatto contrario di ciò che dovrebbero esprimere comicità e ironia.
La commedia mette sempre in luce qualcosa, crea catarsi, sia dentro che fuori del commediante, che di certo non si arrovella nel non-senso opaco giustificato dalla legittimazione sociale simbolica.
Per semplificare con un esempio a portata di viscere, si può accettare di ridere o non ridere delle invettive di Pim o Doppiovubi, a seconda della morbosità con cui si difendono i protagonisti di "certa pop-politica" postmoderna, ma l'animosità perversa e acida, che si pretende anche capace di emulazioni indovinate, può solo far preoccupare l'uomo della strada che disponga ancora di un po' di sensibilità.
All'anonimo, per davvero, non desidero far torto in alcun modo, conscio della sua condizione. Poiché egli stesso si cela dietro ai propri commenti, sa che nessuno lo giudicherà per questi lasciti poco felici.
Non c'è alcuna ironia né sprezzo in queste risposte che legge, solo la fermezza di un desiderio di bene. Bene verso una persona che possiede - ne sono certo - interessi, curiosità e potenzialità da sciogliere, per reciproca edificazione, nella speranza che torni ad esprimersi con buon ordine verso i propri sentimenti, confusi da troppi stimoli esterni.
Buon fine settimana, spero di rilassamento lontano dai media, specialmente dai blog e dai social network.
Paolo
'Anonimo' tace.
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