Non c'è nulla di più bello da vedere, nemmeno un albero o un fiume, di una classe di bambini piccoli in colonna che si gode una gita, lontano dalla scuola, fuori dall'aula, lontano dalle mappe sdrucite e gialle e vecchie appese alle pareti, alla cattedra con gli spigoli smangiati, ai banchi imbrattati di noia e disillusione pieni di cicche masticate appiccicate sotto, lontano dalle pareti sporche, dalle lezioni, dalla lavagna, dai bidelli, dal cancellino e dai gessi, lontano dal campanello, dal registro, dalle sedie storte. Niente di più bello dei bambini che si tengono per mano, che formano gruppetti, che scherzano e fanno rumore e si raccontano storie e si fanno dispetti e nel frattempo camminano, all'aria aperta, dietro l'insegnante stanca, che fa fatica e arranca. Bambini colorati e allegri che si scambiano figurine, si tolgono il giacchino perché fa caldo e se lo annodano alla vita, si chiamano e si prendono in giro. Ed è bello perché sono insieme, e perché sono tanti, e perché sono in gruppo, perché la strada gli appartiene, la città gli appartiene, e i prati e i semafori e i marciapiedi, mentre l'insegnante, come la scuola, poco a poco sfuma, si dissolve, non c'è più, non c'è più corpo, voce, figura, simbolo, autorità e loro sono dannatamente, finalmente, per un'ora, liberi.
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3 commenti:
praticamente Rodari
magari
cazzo mi fai sempre piangere, non vengo più a leggerti
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