martedì 17 giugno 2008

puffi

quando si ascolta la propria voce riprodotta si resta un po' straniti. alle nostre orecchie suoniamo diversi. e anche, temo, diversi appaiamo ai nostri propri occhi.

a volte mi chiedo come mi vedono gli altri. dopo qualche anno su questa terra un'idea me la sono fatta: alcuni mi vedono come un puffo, un furetto, un nanetto tutto agitato e scalpitante. altri come una specie di giuggiolone dal momento nevrotico, altri ancora come un ragazzino stranito e troppo pensieroso. certo è che dalla mia persona promana un'aura di decadenza, di alienità, di fatica.

anche io ho provato il sentimento caro all'intellettuale stanco.
il disgusto.
disgusto per la mamma che spinge il passeggino, per gli individui sulla banchina in attesa del treno, per chiunque, per tutti, per ognuno, per te, per me stesso.
voci, rumori, odori, gesti, le parole, i vestiti, i corpi: la verità è in nessun luogo.

e, pure solo, non riesco a guardare come vorrei nemmeno il battistero e il duomo, troppo distratto. forse non lo posso nemmeno fare. forse anche quello è nulla, solo marmo, pietre una sopra l'altra.

i bambini dovrebbero crescere da soli, con altri bambini. senza imparare usi e costumi dei genitori, cui poi finiscono tragicamente per somigliare.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Concordo almeno in parte.
Di certo la fase del disgusto è comune e (credo) sempre più frequente.
Ma non voglio "farci il callo".

E comunque tutto ma non sei un puffo.

Anonimo ha detto...

un noto psicanalista diceva che intorno alla culla di ogni bambino, oltre ai genitori, aleggiano molti fantasmi.
Secondo questo psicanalista la strega cattiva della bella addormentata è un netto simbolo di questi fantasmi negativi...

Anonimo ha detto...

A mio parere l'unico antidoto al disgusto è lo stupore.

Giova forse non pensare alle ragioni, ma osservare cio che accade nella sua imperfetta, ma equilibrata complessità e rimanerne colpiti.

Anonimo ha detto...

non sono sempre disgustato o sempre entusiasta. lo stato d'animo dipende dagli eventi che lo hanno delineato, cui si può rispondere con gioia o rassegnazione e dipende sempre da come ci si sente in quel momento. se si proviene da un momento drammatico, non so, la morte di qualcuno, è logico che con la migliore barzelletta non funzionerà. però ricordo il buon billy wilder, credo, che diceva agli attori di pensare a qualcosa di terribile prima di assumere un'espressione gioiosa di fronte ad una buona notizia: funzionava bene per il cambio di espressione davanti alla macchina da presa. il corsaro, come wilder, come al solito ha ragione.