la finestra di fronte a me è uno specchio che riflette quello che vuole. sarebbe piaciuta a david lean, che ha costruito la più bella scena della storia del cinema con un vetro e due amanti. la mia riflette il viso e la v del collo di un soggetto maschile. ciò che vediamo lo vediamo grazie all'illuminazione di uno schermo di un piccolo computer. lo schermo è la fonte luminosa, il volto è riflesso nella finestra posta di fronte a lui. la cosa curiosa è che non ne vediamo gli occhi. sotto gli occhiali è tutto molto fosco, quasi come quei pazienti dei reparti di oftalmologia, costretti a mettersi quelle terribili bende, quelle terribili garze.
se metto le mani davanti alla faccia le faccio diventare protagoniste della scena. decido di utilizzare la fonte luminosa per nascondere, rivelare, tagliare, creare.
quando uno sta morendo che cosa vuole portarsi dietro? qualche certezza, solo quello. io qualche certezza ce l'ho già, e sono tesori preziosi.
per esempio io so che ti ho voluto bene, e so che tu ne hai voluto a me, allora, in quel momento. ed è bello sapere, sapere che è vero, è davvero così. anche se non conta saperlo, né tanto meno scriverlo, è così e basta. sentirlo. io lo so, che ci siamo voluti bene. è stato quel sorriso, quel guizzo negli occhi, quel niente, quella pausa, quel silenzio, quel qualsiasi cosa sia stato, dovunque. comunque. quello ci ha fatto sentire che ci stavamo volendo bene, anzi l'abbiamo sentito di più nel tempo, e ancora oggi lo sentiamo, io come te, ed è per questo che alla fine, alla fine...se mi viene l'alzheimer come a mia nonna e non mi ricordo più niente forse conta anche scriverlo.
martedì 19 agosto 2014
la finestra
scoreggiato da pim alle ore 00:36
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