venerdì 30 marzo 2012

angkar

non mi interessa dire tante cose.
la mia speranza di vita è di circa 30 anni. posso vivere ancora così, con la macchina, la casa, lo studio, la possibilità di acquistare adesso, subito, il fender precision bass, le donne nude su internet, tutto quello che desidero e, obbligatoriamente, anche molto di più.
posso anche vivere in modo diverso. ma non ci sono tante alternative. l'unico altro mondo possibile è quello che c'è già stato, in un luogo lontano, dal 1975 al 1978.
è brutto? è d i s u m a n o?
niente scuola, niente occhiali, niente denaro, niente tribunali, niente ospedali, niente famiglia, niente Dio. solo l'Angkar.
non c'è nessuna differenza con il fatto di adorare, come sto facendo da quarant'anni, tutti i giorni, con fede, incrollabile, eterna, assoluta FEDE, qualsiasi uomo o cosa che richiami una maglia a strisce rosse e nere.

o il mondo delle code per l'iPad, o la kampuchea democratica.


l'ho ordinata su ebay.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Pim, al tuo "uomo del consumo" e alle alternative forti della carne e del sangue, a questo "uomo che non è uomo", replico con le parole di un poeta, augurandoti buona Pasqua affinché anche i tuoi pensieri risorgano dalla loro mortalità.

Paolo

No, non siamo uomini.
Siamo mosche alle quali staccare le ali
api che vivono in alveari da bruciare.
Siamo gatti e cani,
da prendere a calci,
fiori da recidere e far seccare.
No, non siamo uomini.
Sorridiamo come topi ringhiosi
guardiamo il mondo con occhi di fuoco,
possediamo per poter possedere,
consumiamo per essere consumati.
Calpestiamo terre fertili sputandoci sopra,
e ridiamo di quello che non ci somiglia.
No, non siamo uomini.
Tremiamo per un rossore sulla pelle,
piangiamo disperati nella malattia,
ma se malato è un altro allora gioiamo
perchè nulla dell' altro ci appartiene.
No, non saremo mai uomini.
Sino a che venderemo l'anima alla moneta
e ci sfiniremo sfidandoci l'uno con l'altro.
Come potremo essere mai uomini?
Ma un giorno lo diventeremo.
Quando già al primo risveglio ameremo
i rumori dell'aria e i bagliori del sole.
Diventeremo uomini camminando per strada,
stringendo mani e abbracciando,
piangendo con chi piange,
gioendo con chi gioisce.
Impareremo finalmente ad amare come il primo che ha amato,
colui il quale ancora spera che un giorno ci trasformeremo in veri uomini.
Solo allora diventeremo Dei. (S.Oliani)

W.B. ha detto...

Una volta - tre anni fa - PIM mi disse: "d'ora in poi darò ragione a tutti su tutto".
Eravamo davanti alla Rinascente.
Ecco.

Anonimo ha detto...

Mi sorprenderei se la sensibilità di Pim non producesse i risultati descritti in quei precisi luoghi.

E' una normale reazione alla confusione, al consumo, alla stessa forza segnica distorta dei tòpoi, che richiede distacco per la persona sensibile. Chissà poi di cosa steste parlando, ma poco importa. L'istinto degli animi delicati nei momenti di confusione indotta (legittimamente) dice: meglio dare ragione e guardare oltre.

La cosa che più si fatica a capire, invece, è perché di fronte a tanto distacco immediato, esaurito l'attimo di tensione, si finisca per continuare a dar ragione proprio all'immagine del consumo con tratto di superiorità ermeneutica, cioè anche solo citandolo, che sia la brama dell'ipad3 o di qualsiasi altra cosa.

Anziché acconsentire incondizionatamente, come pupi mossi a reazione dal consumo violento, dai marchi e dalla sovraesposizione mediatica (che richiama violenza, disordine e sangue, secondo l'accostamento interessante di Pim, molto nietzschiano), non si potrebbe provare a tornare bambini, per un attimo, e guardare solo distrattamente la confusione chiassosa, per quella frazione di secondo che un piccolo concederebbe a questi spettacoli?
C'è altro, c'è oltre.

Tra l'altro questa essenzialità gioiosa contro la banalità del male era il modesto leit-motiv della poesia pasquale dedicata a Pim.

Paolo