domenica 11 maggio 2014

di conflitti, favole e chiese

il conflitto tra l'artista e la sua creazione, che informa di sé qualsiasi tentativo di approcciare temi alti, resta l'unico conflitto sul quale è ancora opportuno, forse, spaccarsi la testa.
anche Dio è in lotta perenne con l'Uomo. si fa fatica a capirsi, e il genitore tende a interpretare il genitore, di quando in quando.
uccidere le proprie creature non appena esse vengono alla luce è, peraltro, propensione antica quanto il Tempo, come sappiamo.
e una volta nate persiste, non solo nelle menti più malate, quel sottilissimo, gelido sentimento di proprietà.
alcuni si affidano alle fiamme, altri si limitano al nascondimento; altri, ancora più vili di questi ultimi, lasciano l'ingrato compito agli esecutori testamentari; altri ancora invece non riescono a fermarsi, troppo ubriacante il piacere della terracotta che continua a modellarsi sotto le mani.
si parva licet, il più crudele crimine inflitto a un'opera d'arte dal suo autore nella storia del genere umano, ad oggi, è, senza dubbio, dovendo noi parlare di ciò che, nato, è riuscito a sopravvivere, l'atroce, abominevole delitto perpetrato ai danni della cosiddetta "saga" di Guerre Stellari dal signor George Lucas.
poche opere come la prima trilogia appartengono al patrimonio collettivo del pianeta. c'è, sì, una consistente parte di mondo che ne ignora l'esistenza, ma è quella parte di mondo che non ha nemmeno da mangiare.
tutti, puristi compresi, si aspettavano grandi cose da Episodio I. poi compare Jar Jar Binks. la figura più detestata della storia, seconda forse solo all'ineffabile Yoko. nonostante gli insulti,  il demiurgo non si ferma. dopo la seconda trilogia rigira, rimonta, riplasma parte della prima, commettendo un sacrilegio dopo l'altro (il più clamoroso dei quali, ovviamente, piazzare l'ologramma di Hayden Christensen al posto di quello di Sebastian Shaw al termine di episodio VI).
il risultato è stato l'emergere di siti internet, petizioni popolari, manifestazioni di piazza, proclami, tutti volti alla restaurazione dell'opera nella edizione originale, ormai introvabile. niente da fare. bisogna rassegnarsi, o rivolgersi a qualche nerd. non esiste nessun'altra opera d'arte che possa vantare articoli, testimonianze, discussioni, diatribe come guerre stellari. è il furto più clamoroso della storia di un autore al suo pubblico.

il fatto è piccolo, va bene, ma involge aspetti disparati, e non tutti altrettanto piccoli.
dal punto di vista diciamo antropologico, il problema non c'è. qualsiasi cosa è uguale a qualsiasi cosa. se Leopardi, preso da chissà quale demone, avesse per esempio riscritto L'infinito prima dell'edizione napoletana aggiungendo a fine poesia le parole "di milk shake", come avrebbe fatto più tardi l'indimenticabile Clizia Gurrado, quella sarebbe L'infinito di Leopardi, e vai a dirgli che era meglio prima. il punto è che per chi guarda dall'alto non è né meglio né peggio.
dal punto di vista giuridico, la questione è semplice. il diritto d'autore comprende, tra i suoi vari diritti, anche il diritto all'elaborazione dell'opera. l'opera è, per il diritto, sempre del suo autore, oppure di colui al quale l'autore ha ceduto il diritto. non mai del pubblico.
cattivo, come sempre, il diritto.
ma, a monte, è "giusto" che esista il diritto d'autore?
la regina Anna (ne fa un ritratto assai manierato il buon Victor Hugo) si prese la briga di legiferare per prima, in maniera organica, sull'argomento. era da poco stata firmata l'Unione. da lì in poi, un susseguirsi come si dice di interventi. ma l'invenzione della stampa era, a tacer dei cinesi, già vecchia di due secoli e mezzo. non c'era questo sentire impellente di tutelar l'autore. né c'era mai stato prima, anzi. e allora perché?
la domanda è gustosa (non saprei trovare altro aggettivo) soprattutto oggi, nel momento in cui  il diritto d'autore prende botte a destra e sinistra.
e allora io dico: sono per una radicale rivisitazione del diritto d'autore. radicale. rivisitazione.
resta il punto di vista del sentimento di appartenenza, di cui ho già detto qualche tempo fa. e qui non c'è niente da fare.
fate quello che volete, Guerre Stellari è Star Wars 1977. punto.
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per conoscere un popolo bisogna conoscerne le tradizioni.
come i tedeschi, che prima di specializzarsi nell'industria pesante sono stati, per secoli, i poeti e i filosofi più raffinati e sensibili, così i russi, apparentemente glaciali, hanno lasciato invero opere di una delicatezza e allo stesso tempo di una profondità psicologica spaventose. nel milieu più basso, la tradizione popolare consegna canzoni e favole che traboccano di sentimento (non è un caso che il più grande studioso della fiaba sia un russo).
a volte esagerano, come nel racconto che segue, più straziante di una favola di Wilde.

una bambina graffia l'auto del padre, alla quale questi è molto affezionato. il padre la punisce severamente picchiandola sulla mano con la quale ha compiuto il misfatto. così severamente che la bambina viene portata in ospedale. i medici dicono che dovranno amputare alla piccola  tutte le prime falangi della mano. la piccola, pentita, cerca di rassicurare il padre e gli dice: "non ti preoccupare papà, tanto ricrescono". il padre, distrutto, si toglie la vita. poco prima aveva guardato meglio il graffio sull'auto. la bambina aveva scritto: "papà, ti amo".
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avevo detto che ci sarei andato a Verona a suonare. saremmo stati tre gruppi, una cosa in famiglia, il locale solo per noi, e per fine serata la torrida prospettiva di una jam. ma, per motivi di cui non ero responsabile, s'erano ormai fatte le otto passate, e mio fratello era senz'altro già partito; partendo a quell'ora non sarei arrivato prima delle dieci. sarei stato, presumibilmente, tra amici, ma alla fine forse non ne valeva la pena, visto che saremmo dovuti tornare la sera stessa.
optai, optammo, per un aperitivo. la successiva passeggiata ci condusse davanti a una delle più belle e più antiche basiliche di Milano. nonostante l'ora, era aperta. evidentemente qualche liturgia extra. entrammo. davanti all'altare, un gruppo di bambini seduti. alla loro sinistra, ragazzi che cantavano e suonavano la chitarra.
in quel momento capii: ero lì che dovevo andare, non a Verona.

1 commento:

Anonimo ha detto...

circa la faccenda di guerre stellari il punto più basso della ybris dell'autore non è Jar Jar Binks ma il concetto metafisico della forza ridotto a dei cosini verdi che ti scorrono nel sangue. La forza non è più una divinità panteistica alla quale chiunque (con maggiore o minore fortuna, con maggiore o minore sforzo) può appellarsi ma diventa una questione di sangue (ce l'hai o non ce l'hai) e si trasmette ereditariamente. Allora i grandi maestri (Kenobi, Yoda...) in fondo non servono a nulla, nasci già jedi... Tutta la poetica della saga alle ortiche...
Riguardo invece al diritto d'autore (e alla proprietà industriale) concordo al 100%: non sono diritti, sono usurpazioni e vanno aboliti.
AM