The sprawl and fulness of babes, the bosoms and heads of women, the folds of their dress, their style as we pass in the street, the contour of their shape downwards, The swimmer naked in the swimming-bath, seen as he swims through the transparent green-shine, or lies with his face up and rolls silently to and from the heave of the water, The bending forward and backward of rowers in row-boats, the horse-man in his saddle, Girls, mothers, house-keepers, in all their performances, The group of laborers seated at noon-time with their open dinner-kettles, and their wives waiting, The female soothing a child, the farmer's daughter in the garden or cow-yard, The young fellow hosing corn, the sleigh-driver driving his six horses through the crowd, The wrestle of wrestlers, two apprentice-boys, quite grown, lusty, good-natured, native-born, out on the vacant lot at sundown after work, The coats and caps thrown down, the embrace of love and resistance, The upper-hold and under-hold, the hair rumpled over and blinding the eyes; The march of firemen in their own costumes, the play of masculine muscle through clean-setting trowsers and waist-straps, The slow return from the fire, the pause when the bell strikes suddenly again, and the listening on the alert, The natural, perfect, varied attitudes, the bent head, the curv'd neck and the counting; Such-like I love- I loosen myself, pass freely, am at the mother's breast with the little child, Swim with the swimmers, wrestle with wrestlers, march in line with the firemen, and pause, listen, count.
Il corpo morbido e pieno dei neonati, il petto e il capo delle donne, le pieghe delle loro vesti, il loro stile mentre attraversiamo la strada, la loro sagoma dall’alto in basso, il nuotatore nudo in piscina, visto mentre nuota attraverso il trasparente verdebrillìo, o fa il morto e dondola silenziosamente avanti e indietro sul sollevarsi dell’acqua, il piegarsi ritmico dei rematori sulle barche, il cavaliere sulla sua sella, ragazze, madri, massaie che fanno le loro faccende, il gruppo dei manovali seduti a mezzogiorno con le loro gamelle aperte, e le mogli che aspettano, la donna che calma un bambino, la figlia del fattore nel giardino o nel prato, il giovane che sarchia il granoturco, il cocchiere che guida i sei cavalli della sua slitta tra la folla, la lotta òdei lottatori, due apprendisti, sviluppati, vigorosi, di buona indole, nati lì, su uno spiazzo vuoto al tramonto dopo il lavoro, gettati a terra giacche e cappelli, l’abbraccio di amore e di resistenza, la presa sopra la vita e sotto la vita, i capelli scompigliati che scendono sugli occhi e li accecano; la marcia dei pompieri nella loro uniforme, il gioco dei muscoli mascolini attraverso i pantaloni puliti e le cinture, il lento ritorno dall’incendio, la pausa quando la campana riprende all’improvviso a suonare, il loro tendere l’orecchio all’allarme, le naturali perfette varie attitudini, la testa piegata, il collo curvo e il contare; cose simili io amo - io mi abbandono, passo liberamente, sono al seno della madre con il neonato, nuoto con i nuotatori, lotto con i lottatori, marcio in fila con i pompieri, e mi fermo, ascolto, conto.
da I sing the body electric, in Foglie d'erba, Walt Whitman
Mi fermo sempre, prendendo a pugni la mia tenace avversaria, a guardare i lavoratori. I manovali, gli artigiani, gli operai. A volte mi sorprendono e sono felice. Sono felice quando le loro mani e le loro parole palesano animi puliti, alti. Molto spesso non è così.
Nel bellissimo Mac, di e con John Turturro, un signore sta costruendo un muretto di mattoni davanti a casa sua. Turturro ferma l'auto e lo osserva. Ne vede l'attenzione, la cura, la quiete, la bellezza.
L'altro giorno c'era, per la strada, una squadra di installatori di impianti satellitari. Udivo i loro suoni, vedevo i loro gesti. Mi sono fermato solo un minuto, perché non volevo che mi notassero, cioè non volevo che capissero che li stavo guardando, e ascoltando. Mi sono fermato e ci sono rimasto male. Come ci rimango male di fronte al commesso del supermercato, al muratore, all'idraulico.
E' più forte di me. Non riesco a non intristirmi di fronte alla rozzezza spirituale, allo slancio nel brutto.
Mi trovo di fronte a una equazione quasi sempre verificata. Una verifica ogni volta amarissima.
Immagino un muratore che con la cazzuola spiana la malta sopra il mattone, lavora sul bordo, liscia, rifinisce, e poi un altro mattone, con rigore e precisione. Lo immagino dopo il lavoro, dopo cena, a casa, sprofondare nella lettura di Walt Whitman, di Lucrezio. A un falegname, un uomo che possiede l'arte della carpenteria, durante la pausa pranzo, o la mattina, appena sveglio, piace, io lo so, la prosa meticolosa e lussureggiante di Vladimir Nabokov. L'artista ammira l'artista. Nella mia testa c'è - non c'è dubbio - un tapparellista che non bestemmia, un uomo onesto, che insegna il lavoro al giovane apprendista, il lavoro che a lui è stato insegnato da un altro maestro, una catena sconosciuta di mani esperte che hanno tramandato i loro segni, le loro abilità. Nella mia testa c'è un idraulico che sa di matematica.
Invece i miei sensi percepiscono bocche rabbiose, mani sbadate, menti opache.
Io non sono tanto bravo con le mani. Rifiuto di pensare all'agilità della mia sinistra sulla tastiera come a qualcosa di minimamente significativo. Se mi avessero bocciato una seconda volta in quarta ginnasio mio padre avrebbe senz'altro mantenuto la promessa di mandarmi a lavorare. Non mi avrebbe salutato dottore in giurisprudenza. Sarei andato sul cantiere e avrei imparato qualcosa. Avrei corrotto i congiuntivi e avrei menato botte. E la sera avrei ruttato sul divano. Come faccio adesso.
sabato 22 dicembre 2012
il corpo è elettrico, ma la spina è staccata
scoreggiato da pim alle ore 18:24
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4 commenti:
Accettare la bellezza equina non significa aspettarsi un endecasillabo da Furia. Accetta il sasso per quello che è, studialo, soppesalo, annusalo. Godi della pacca sulla spalla, della scorreggia dell'amico, del petto di Raf Vallone, del divano morbido e puzzolente, della vecchina che esclama - ma guarda...-, del gioco di parole, della risata su cazzi e puttane. Accetta la Bellezza, amico caro, accettala.
come disse qualcuno (tu dovresti ricordarlo): la Bellezza bisogna meritarsela.
I tuoi sensi indagano male, anche perché continuamente provocati da sollecitazioni negative ricercate, e non solo subìte. E non mi riferisco solo ai "film preferiti" di cui al tuo profilo, giusto per fare una battuta. A continuare a farsi male (e a considerarsi male: "...avrei ruttato sul divano. Come faccio adesso". Hai verificato che la bellezza ha a che fare con la fine profondità e non risiede nel tipo di professione svolta? Hai ragione; dunque smetti di ruttare sul divano, se dà meno grazia a te stesso, giurista o muratore), si vede solo bruttura intorno e non la si estirpa dentro di sé.
Sottolineo che a volte ho letto cose sgraziate scritte nel tuo blog, che paiono proprio conseguenza di brutture viste perché volute, ma anche dove non lo fossero, mi rimangono impresse solo quelle aggraziate. Queste ultime sei in grado di esprimerle solo quando non emerge un senso di dominio dolorosamente gaudente di ciò che analizzi, quando ti sgravi per alcuni attimi dal peso del mondo che non rispecchia i tuoi reali desideri e assumi solo quello che ami più profondamente, saldando il contatto con te stesso e la realtà al punto da farti servo del vero e del bello. Come in passato, in un tuo ispirato passaggio sui caratteri ascritti nella femminilità, e di recente, quando hai elaborato uno splendido brocardo latino. A quel proposito, mi fornisci tu stesso un suggerimento di metodo, che va perfino oltre il trascendentalismo americano che introduce il tuo post: così come chi vuole essere giudice non può esserlo, servi la Bellezza, se vuoi contemplare il mondo. Fai spazio dentro, vedrai anche di più di Whitman. Non vedo l'ora di leggerti ancora, Bellezza in Pim.
Paolo
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