sabato 18 febbraio 2012

alla fine

non è molto più di questo: carbonio, idrogeno e ossigeno.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Il che dimostra come le cose apparentemente semplici possano complicarsi all'infinito.

Hai citato tre elementi, ma già sei partito troppo avanti e lo sai.
Ciò che è alla fin fin fine
sono solo due cose, opposte.

Anonimo ha detto...

Pim, concedimelo da estimatore delle scienze primarie: si può fare qualche sforzo in più oltre il materialismo decompositivo perfino nella descrizione degli oggetti inanimati, e anche in preda all'espressione dei sentimenti umani più neri. Così invece si rischia di cadere nel cinismo, quella pratica il cui esercizio l'esperto O. Wilde affermava condurre alla conoscenza del prezzo di ogni cosa e al valore di nessuna. E "alla fine" - in senso metaforico - si compra anche male!

Attenzione - leggasi con ironia amichevole - perché è già il secondo post consecutivo dove qualcuno solleva un problema di complicazione - sinonimo di complessità e indizio del perniciosissimo atteggiamento soggettivo ad essa collegabile - a partire da ciò che trova scritto sul blog... Non vorrei che qui un milanista finisca come l'inter a prenderci gusto a perdere colpi: o forse vuoi vedere che carbonio, idrogeno e ossigeno sono i nomi attribuiti alle tre pappine che "alla fine" abbiamo preso venerdì e questo post è un delicato sfottò della squadra nerazzurra?

Paolo

pim ha detto...

acceso/spento, o zero/uno. d'accordo. ma io facevo della chimica (da analfabeta), non della filosofia.
la filosofia non esiste, come non esiste il vero.
esiste il bello. e il bello è, in ultima analisi, C.O.H.

Anonimo ha detto...

E qui dissentiamo, salvo che in ultima analisi si voglia dire (ma dubito per assenza di chiarezza) che la Vita è bellezza: allora concorderei sul senso ultimo, ma il Tuo scritto resterebbe ambiguo, dato che C.O.H. sono solo elementi chimici e da soli "alla fine" non corrispondono nemmeno alla Vita.

In ogni caso, se non esistesse il vero assurdo sarebbe pensare all'esistenza del bello.

Caso mai, nessuno può dire di possedere e disporre del vero come elemento esclusivamente oggettivo, potendone ricomporre i tratti con pennellate ermeneutiche a piacimento, così come non si possiede e dispone del bello in quanto tale, scomponendolo e ricomponendolo alla bisogna. Né alcuno può dire di aver espresso il bello di qualcosa senza aver compiuto un processo cognitivo, filosofico, e perfino etico. Anzi, ciò che si comunica e come lo si comunica diventa essenziale per giustificare il bello di ciò che un uomo ha vissuto.

C.O.H. sono elementi chimici, se ti riferissi alla struttura di una composizione chimica così da "verificare" la magnificenza delle molteplici realizzazioni presenti nella natura vivente, lasciando trasparire altri elementi oggettivi nel quadro espressivo ed insieme empatie o effetti, allora ci potrebbe essere del bello in ciò che indichi e in ciò che rappresenti.

Ma attenzione, ripeto, pena disonestà intellettuale, nell'inscindibilità di bello e vero nessuno può pretendere di avere capacità oggettivizzanti di ciò che partecipa del soggetto, così come nessuno può pretendere di possedere il vero, speculandone a suo piacimento, asetticamente e quasi fosse terzo.

Altrimenti, si verifica lo stesso processo cantilenato dalle streghe di Macbeth, per cui "il brutto è bello e il bello è brutto". Ogni scala di valore (anche numerico o chimico) si perde nella scelta riduzionsta di un'etica e una filosofia taciuta, ma pur sempre esistente nell'espressione. Chi parla del bello, forse in realtà sta cantando del brutto, mentendo a se stesso o volendo mentire volutamente per impressionare (discorso che abbiamo già affrontato a proposito delle Tue visioni cinematografiche passate).

E ho tutt'altro che sicurezza che vi sia una corrispondenza tra bello e ciò che Tu realmente hai vissuto e percepito, lasciandone tracce solo chimiche.

Per questo mi permetto di dire che si può fare di meglio.

Paolo

Anonimo ha detto...

La sintesi di una semplice proteina.
http://vimeo.com/31830891

pim ha detto...

la domanda ultima è sempre la stessa, ovvero se il sistema conosce se stesso.

se la risposta è no, come credo, allora quello che noi chiamiamo idrogeno potrebbe non essere "idrogeno", ovvero niente è, a parte Dio, il quale necessariamente è, come tutti ben sappiamo, appunto. accontentiamoci dunque del bello che per noi è bello, qualsiasi cosa sia: un fiume, un bacio, il gol di gullit in diagonale nella porta nerazzurra.
in altre parole, Deus, sive Natura.

se il sistema conosce se stesso, allora esiste il vero. e allora mi fermo.

Anonimo ha detto...

Se il "sistema" non conoscesse se stesso non potrebbe proiettarsi e divenire per omologie nella natura. Sono le costanti in forma e funzione che ne danno conferma, come direbbe il genetista Lima-de-Faria (ateo e materialista). Ovvero, esistono condizioni intrinseche alla materia, compresa quella di cui siamo fatti, che non vengono mai riformate, e non si tratta di elementi chimici, ma di criteri di composizione e relazione. La forma delle galassie è la stessa (in proporzione) di quella di una conchiglia, in precisi rapporti matematico-geometrici: ma non vorrei che questo esempio ti condizionasse nel discernimento, perché il problema che poni è ancora più a monte.

Che poi da questo argomento qualcuno possa trovare fondamenti per il tema dell'esistenza di Dio, non l'avevo nemmeno messo in conto nel nostro dialogo, e mi compiaccio del mettersi in gioco in modo radicale. Ma a questo punto occorrebbe entrare nel tema della differenza tra immanenza e trascendenza. L'idrogeno non è Dio, non ha proprietà che lo identifichino come tale, ma è pur sempre qualcosa che conserva un'impronta di Dio, e di vero: VERificarla dipende però dall'osservatore, come dicevo nella risposta precedente. Senza relazione cognitiva non è concepibile né il vero né il bello.

Il mio commento voleva solo sollevare, nuovamente, il solito problema in cui incorre la Tua riflessione sul rapporto tra soggetto e oggetto, tra io e altro. Basterebbe che cominciassi a dare per scontato un dato obbiettivo, che il mondo non fa a meno della Tua presenza per quanto Tu possa sforzarTi di apparire insignificante, e che il rapporto che hai col mondo ha delle regole costanti, pur nell'arbitrio delle Tue scelte su come guardarlo e interagirvi.

Se pensassi all'incredibile valore che ha ogni Tuo sguardo sull'esistente, e al contempo mantenessi ferma la consapevolezza del Tuo limite di esserne parte finita (almeno nella materialità corporea attuale), di quanta bellezza saresti capace e potresti donare e bearTi, date le Tue qualità uniche e irripetibili immerse nelle costanti dell'esistente?

Paolo

Anonimo ha detto...

Oltre ad essere intrinsecamente inconsistente, il nichilismo è oltremodo noioso.
http://www.recensionifilosofiche.it/crono/2007-06/godel.htm

Anonimo ha detto...

A cosa ti riferisci e cosa intendi con "nichilismo", anonimo? Gödel (nella "dimostrazione ontologica" dell'esistenza di Dio cui rimanda il link segnalato) non aderiva a visioni nichiliste, al massimo si accostava ad un'impostazione immanentista o a un vago teismo.

Peraltro, il contributo più importante dello studioso boemo è quello metamatematico, che ha sollevato un velo di dubbio sull'allora granitico concetto di verificabilità all'interno dei sistemi logico-matematici. Interessante, e forse contraddittorio rispetto alla sua stessa "prova ontologica" immanentista (che in fondo è endosistemica e quindi potenzialmente inverificabile, secondo il suo stesso "teorema dell'incompletezza").

Che poi il nichilismo sia intrinsecamente inconsistente, è vero, ma andrebbe motivata l'affermazione, e che sia noioso, dipende. Solo per fare un esempio restando nella filosofia, passa una differenza abissale in fatto di noia tra la lettura delle pagine di Nietzsche e quelle di Vattimo. Anzi, spesso le analisi di partenza dei nichilisti risultano di grande impatto analitico e descrittivo, il problema sono le conclusioni.

Paolo