Io ho simpatia per l’intrapresa.
Provo un moto di istintiva ammirazione per chi crede in un progetto imprenditoriale: una manifattura, magari calzaturiera, un piccolo esercizio commerciale. Considero chi rischia su un’idea, ci mette il sudore, il sangue, il fegato, va in banca e garantisce il mutuo con la sua casa o con quella di suo padre, ci mette le notti insonni, i patemi, le lacrime, i pentimenti, le liti con la moglie, i fornitori che fanno impazzire, gli avvocati, i clienti, la contabilità, il saldo di cassa, le rate a fine mese.
Ho simpatia per costui.
E ancora più simpatia, quasi tenerezza, provo per colui la cui idea è perdente, sbagliata alla radice, ictu oculi irrealizzabile.
Sì, perché alla fine, l’imprenditore di successo risulta antipatico. A me, almeno.
O meglio, mi risulta antipatico un certo tipo di imprenditore di successo italiano. Quello che appena gli gira bene comincia a comprarsi la Audi, il Suv, si circonda di orpelli, mignotte, frequenta i locali, stringe relazioni ambigue, veste tendenza, diventa sicuro di sé, viaggia, pretende, alza la vocina, disprezza, giudica, prende la multa, ostenta, mescola condiscendenza e arroganza.
Il mio imprenditore di successo è un uomo ignorante, stanco, amante della tavola coniugale, dimesso, umile, attento, gentile, casa e lavoro.
Per uno di quelli che riescono ce n’è sempre almeno uno che non riesce.
E di quelli che non riescono, anche qui, troviamo due categorie.
La prima antipatica, la seconda simpatica.
Il fallito antipatico è quello che non gliene frega un cazzo di fallire. Quello simpatico è quello che soffre.
Ma torno al punto. Il mio imprenditore preferito è quello che coltiva un’idea assurda. Ma non assurda alla Tucker, dico assurda assurda.
Per esempio, adesso parlerò di un’impresa le cui attività mi sono tornate alla mente proprio ieri, o l’altro ieri, durante una conversazione.
Io non so nulla di quest’impresa, di chi l’ha creata, di chi l’ha esercitata. Non conosco le sue sorti, i suoi andamenti.
Conosco alcuni fatti.
In primo luogo il nome: Pryngeps. Con la y. Con la g.
E già qui, sappiamo molte cose.
In secondo luogo so che detta ditta ha fatto (e credo pagato) pubblicità ai suoi prodotti su alcune reti private lombarde, per anni. Tanti anni.
In terzo luogo, non ho mai conosciuto nessuno che abbia indossato uno dei prodotti di questa ditta. Si tratta, è ora di dirlo, di una marca di orologi.
(Ho conosciuto, per la verità, uno che ha comprato uno di questi prodotti e l’ha regalato alla fidanzata. E quando ella aprì la confezione, ammirai smisuratamente la mia fidanzata dell’epoca che, nell’imbarazzo in cui ero precipitato alla vista dell’oggetto – eravamo lì tutti e quattro – seppe trovare le parole giuste)
In quarto luogo, il prodotto-simbolo dell’intrapresa.
questo.
Ecco, per me, uno che gli viene in mente di fare una roba così, a me mi è simpatico.
venerdì 17 dicembre 2010
Il pringipe degl'imprenditori
scoreggiato da pim alle ore 19:17
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Se passi in via Torino, all'angolo con la galleria dell'Eliseo c'è un concessionario esclusivista della Pryngeps. Secondo me vendono bene anche in Russia.
Posta un commento