sabato 24 novembre 2012

to do's

voglio riuscire a non andare mai a Londra.

venerdì 23 novembre 2012

johnny dorelli

l'altra notte ero sdraiato sul divano, col mio coprimaterasso che io uso come coperta, e stavo guardando un film con johnny dorelli che si chiama il mostro, un brutto film di luigi zampa, scarno e volgarotto e anche troppo scontato, per un film che non voleva esserlo. avevo un gran sonno, ma non riuscivo a dormire, e comunque volevo vedere il film. mi rigiro sul divano, cercando una posizione che non avrei mai potuto trovare, e improvvisamente mi accorgo di aver lasciato la porta di casa spalancata. mi spavento, perché temo che qualcuno sia entrato in casa e possa farmi del male. le luci sono spente, i lampi sconnessi della televisione molestano l'oscurità. mi avvicino alla porta e la chiudo. mi volto. dietro di me c'è johnny dorelli con una sedia in mano. mi si scaglia contro, cercando di uccidermi con la sedia. respingo come posso il suo attacco. la sedia ha le gambe di alluminio, come quelle che ci sono a scuola. johnny dorelli è molto aggressivo, violento. è determinato a finirmi. c'è una lunga colluttazione, durante la quale rintuzzo i suoi assalti. a un certo punto ci avvinghiamo l'uno all'altro. seguono rotolamenti, come Humbert con Clare Quilty. spossato, raggiungo il divano, dove continuo a vedere il film. johnny dorelli scopre, purtroppo, che l'assassino è suo figlio. lo perdona, avvinto dal senso di colpa. spengo la tv. nelle tenebre mi dirigo verso il letto. mi fermo davanti alla porta. è chiusa? sì. mi volto. dietro di me non c'è johnny dorelli.

giovedì 15 novembre 2012

non potest, qui iudex esse vult.


Alla radio ci sono le trasmissioni in cui è data la possibilità di intervenire agli ascoltatori.
Il tratto comune a tutti quelli che intervengono, su qualunque radio e in qualunque trasmissione, è che sono tutti dei deficienti assoluti.

Il che porta a due sole possibilità: a) tutti quelli che ascoltano la radio sono deficienti; b) tra coloro che ascoltano la radio, solo i deficienti telefonano. Io ascolto la radio, e non ho mai telefonato a una radio (anzi, l’ho fatto, una volta, adesso racconto questo fatto. Ero in bagno e mi stavo lavando, più o meno 25 anni fa. E sto sentendo una radio che avrei sentito solo quel giorno e poi mai più. Destino. C’è un conduttore che mette in palio un premio destinato al primo tra coloro che indovinano la parola mancante in una frase. La soluzione è molto semplice. Cominciano ad arrivare telefonate. Nessuno azzecca la risposta. Il conduttore insiste. Altre telefonate. Niente. La situazione diventa quasi imbarazzante. Nei piani della radio il tempo di assegnazione del premio avrebbe dovuto essere - si usa l'ausiliare avere se il verbo servile è seguito da essere- intorno ai 20 secondi, cioè il primo, massimo il secondo a beccare la linea. Altri interventi a vuoto. Il conduttore, che sta perdendo un po’ di verve, cerca di dare qualche suggerimento. Ancora acqua. A quel punto ci penso e dico non è possibile. Non so spinto da quali impulsi, prendo il telefono e chiamo. Sono in linea. Do la risposta. Il conduttore è sollevato, ha finalmente mollato il sacco a destinazione. Ritirerò il premio qualche giorno dopo. Mi ricordo una radio quasi casalinga, una lunga scala ripida. In un paese fuori Milano, dove non ero mai stato. E dove sarei andato, pochi anni dopo, a svolgere il servizio civile. Proprio lì, proprio in quel paese dove non ero mai stato, dove c’era una radio che non avevo mai ascoltato, una radio che presto avrebbe smesso di trasmettere, e dove ho vinto un premio perché ho risposto a una domanda. Tout se tient, mon vieux.) però non mi sento un deficiente assoluto, accidenti. Cioè il problema non è come nelle trasmissioni televisive che ce li mettono loro i concorrenti bifolchi così tu ti senti più intelligente e sei invogliato a partecipare, a vedere, a comprare i prodotti che passano nella “fascia”. Non è come nelle trasmissioni televisive che presentano esseri umani che si fanno umiliare da altri esseri umani pur di essere in televisione, si fanno umiliare in tutti i modi in cui un essere umano può essere umiliato, davanti ai pacchi, davanti a un cuoco, su una spiaggia. Alla radio la gente telefona spontaneamente, non sono scelti (c’è un piccolo filtro, ma giusto per scremare i pazzi che si sente subito che sono pazzi, perché io potrei anche essere un pazzo furbo e chiamare con voce calma e professionale e poi appena sono in diretta mettermi a bestemmiare. Questa è una cosa per esempio che non so come sia possibile che non accada mai. Mai nessuno che comincia dicendo salve sono paolo da roma e volevo intervenire sulla legge elettorale e poi giù una sequela di bestemmie orrende, prima di essere silenziato). La gente telefona e vuole, deve dire la sua intorno all’argomento. E tutto questo, non mi si dica per la celebrità. La radio garantisce un comodo e potente anonimato. Né per l’immortalità (sarei curioso di vedere gli archivi audio di una radio di medie dimensioni). Né, ovviamente, per una contropartita economica. Mi umilio, ma a pagamento, in tivù. Alla radio invece sono me stesso ed esprimo le mie opinioni.

Ed eccoci tornati al punto di partenza. Come è possibile che tutti i radioascoltatori siano così stupidi (perché, ragazzi, lo sono!)? e non venitemi a dire, babbini, che uno diventa stupido perché è emozionato. Dai, son cose che si capiscono.
Evidentemente la risposta è la b): telefonano solo i deficienti. Gli altri ascoltano la radio, cioè, spesso,  ascoltano persone deficienti che dicono cose deficienti. Ma se uno non è deficiente e non è, si presume, interessato a sentire persone deficienti, allora perché ascolta la radio? Non certo per sentirsi più intelligente, ciò che, quanto meno, è, potremmo dire, una gratificazione effimera. Perché spera, prima o poi, di sentir parlare persone intelligenti? Forse diamo troppa importanza all’intelligenza. Come all’amore. Dovremmo ristabilire le proporzioni, le gerarchie.
Però io una cosa voglio dire, visto che non ho tanta voglia di intervenire alla radio per dirla, e poi perché penso che se la scrivo qui, resta, diciamo, per sempre. E un domani se uno si vuole informare magari capita su questa pagina e trova la risposta alla sua domanda, o la confutazione alla tesi di cui è, ahimé, gelosissimo.
Ebbene, il fatto è che non commette reato un ottantenne che scopa una quattordicenne. Se essa è d’accordo, beninteso. E se l'ottantenne non è suo nonno. Se ne ha sedici, va bene anche il nonno.
Desidero riportare quello che ritengo un suffragio di qualche autorevolezza

Art. 609-quater.
Atti sessuali con minorenne.
Soggiace alla pena stabilita dall'articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza. (1)
Al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, o il tutore che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni. (2)
Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita fino a due terzi.
Si applica la pena di cui all'articolo 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.

E' che non ne posso più, anche se ormai siamo alla fine, di sentire parlare gente che se la prende con Berlusconi “perché va a letto con le minorenni”. In realtà non ne posso più di ascoltare o leggere le parole di gente che se la prende con Berlusconi. Lo trovo incredibile. E ogni tanto mi tocca pure di incontrare la Boccassini in tribunale. Che non è nemmeno una delle peggiori, a voler essere onesti. Nel senso che alla fine si occupa di queste cose qua, del premier che fa i festini con le mignotte vestite da suore, e va bene, spende i soldi (la Boccassini) dello Stato, mette in piedi il baraccone, ore e ore di intercettazioni, polizia giudiziaria, faldoni, udienze, testimoni, quintali di carta e di materiale, tutto inutile perché Mister B. non ha commesso alcun reato, ma appunto pazienza, ci sono tanti funzionari pubblici che sprecano i soldi della Pubblica Amministrazione, come i sindaci che investono sui derivati e fanno perdere miliardi ai comuni e poi io devo pagare l’area C e le multe e va bene, non è una delle peggiori, sono peggio quelle che pronunciano provvedimenti in materia di stato e famiglia, quelle, o quelli, che decidono realmente della vita di altre persone, tutti i giorni, decidono della vita di altre persone. Lo scrivo un’altra volta. Decidono della vita di altre persone. Quelli sono pericolosi. E lo sono perché non lo sanno, quello che fanno. Non solo. Si annoiano. Sono stanchi. Troppi fascicoli. Troppi avvocati. Troppa roba da leggere e da scrivere. Comprano la focaccia, prendono la bici, fanno i papà e le mamme, a cuor leggero, e la notte, otto ore di sonno saporito.
No, non va tanto bene.
Perché, come dice il mio amico U., parafrasandomi: chi vuole essere giudice non può essere giudice.

Quanto al premio, il premio era una confezione di prodotti per l’igiene personale.  
La risposta era “sfera”.