giovedì 14 settembre 2023
Vite che non sono la mia
scoreggiato da pim alle ore 13:28 0 commenti
mercoledì 8 settembre 2021
accettare gli altri
il mio problema è che non accetto gli altri per quello che sono. se per esempio un mio amico è vegetariano gli rompo il cazzo, gli dico che sbaglia, che la carne è buona, cerco di fargli cambiare idea. non mollo. insisto, sono antipatico, a volte insopportabile. vado avanti fino alla morte. è una guerra che non mi stanco mai di combattere. mai. allo stesso modo se uno mi dice che l'arte cosiddetta moderna è bella, oppure il cinema italiano contemporaneo è molto buono, o che nel mondo occidentale, oggi, esiste l'omicidio di genere (nel senso di uomini che uccidono donne in quanto donne). urlo. urlo come un pazzo, non riesco a trattenermi, anche se sono a cena ospite di persone per bene. divento furibondo. faccio figure di merda, mi rendo ridicolo. non posso farci niente. non voglio essere diverso da quello che sono, come le cassiere che si fanno tatuare i serpenti, oppure "libera" "mia", i nomi dei figli o le frasi delle canzoni di vasco rossi come "sally", una canzone di merda che non significa un cazzo e che invece bilioni di persone sono felici di latrare tutti insieme tutti contenti e a tutta strozza.
nonostante, ovvero date, le mie difficoltà con il prossimo, ci sono persone che vorrei incontrare e persone che invece no.
naturalmente parlo di persone che non mi conoscono, persone più o meno famose.
per esempio paul mccartney, il mio idolo vivente, che io reputo il più grande musicista del ventesimo secolo. ecco, lui non vorrei incontrarlo perché penso che sarebbe troppo verticale la situazione. macca si comporta come dio con chiunque, da eric clapton al presidente degli stati uniti. ha un ego talmente smisurato che occupa tutto lo spazio fisico disponibile. no, non è cosa. io piccolo piccolo che gli chiedo di suonarmi yesterday e lui che magnanimamente si degna di strimpellare qualche stanca nota e subito si congeda lasciandomi ansante e balbettante.
a proposito di macca, ho visto le prime tre puntate (di sei) di McCartney 3,2,1, una miniserie in (raffinato si dice) bianco e nero in cui il nostro chiacchiera della sua musica con il leggendario produttore discografico rick rubin. macca gigioneggia come al solito, racconta aneddoti già noti (certamente a chi guarda la serie), suonicchia, mastica la cicca, cerca di spiegare la genesi delle canzoni, fa la figura dell'ignorante che è. peccato.
non vorrei incontrare francesco maria colombo, che è un altro mio idolo vivente. credo che il mio abbigliamento, qualsiasi esso fosse, la mia stessa figura, il mio corpo, la mia voce, tradirebbero all'istante la mia origine piccolissimo borghese e sono certo che prestamente mi allontanerebbe, senza nemmeno un sorriso.
ecco invece uno che vorrei proprio incontrare è il copywriter (o l'art director, che belli questi titoli in lingua inglese, come tutte le parole inglesi che si usano sul lavoro, tutte belle, piene di significato e soprattutto indispensabili, per dare un senso alla nostra esistenza, al nostro lavoro, al nostro essere qui, nel mondo, a fare cose che servono, che ci consentono di tornare a casa e dire che abbiamo lavorato, abbiamo prodotto, oppure ci siamo arrabbiati, abbiamo provato emozioni, insomma la giornata ha avuto un senso, oggi e domani ancora, sempre di più, sempre più senso) della pubblicità di facile.it quella dove c'è un povero stronzo, un poveretto, un essere miserabile, patetico, anche di aspetto poco gradevole (Paolo, si chiama) il quale naturalmente è felice, ed è felice perché "in soli 3 minuti" ha risparmiato "quasi 500 euro" e sulla polizza rc auto grazie a facile.it e siccome è felice naturalmente BALLA, balla, da solo, in casa sua, con delle mosse assurde, dei passi, delle coreografie sgangherate, scopiazzate male, male eseguite, a metà tra l'improvvisazione e il teatro d'avanguardia. "lui è Paolo", ed è felice. salta e scivola e spara. e poi si rivolge a noi che lo guardiamo e ci parla, come un amico,
vorrei incontrare quello che ha creato questa pubblicità per guardarlo. guardare la sua faccia. dev'essere senz'altro la faccia di una persona straordinaria. sì, perché io solo a vederlo, Paolo che balla, mi sono precipitato sul sito facile.it per vedere se risparmiavo qualcosa sulle mie polizze. così come ho comprato l'acqua minerale che beve alessandro del piero, mangio la pizza che mangia alessandro gassman, guido la vespa come pier capponi.
vorrei incontrare demetrio volcic, che è ancora vivo ma sempre più vecchio, come tutti i vivi, per chiedergli un miliardo di cose, a lui che ha visto cambiare letteralmente il mondo davanti ai suoi occhi, e ha avuto la fortuna di raccontarlo per lavoro. quante cose che non gli chiederò se ne andranno con lui.
federico buffa, che era un mio idolo e un po' è rimasto tale, come si sa l'ho incontrato, e nell'occasione nonostante tutti i miei sforzi mi ha ignorato anche con una certa razionale freddezza. ebbene sono certo, anzi certissimo, che se avessi fatto contattare buffa da un addetto stampa (conosco alcuni giornalisti) per chiedergli un'intervista da postare su youtube non solo mi avrebbe detto sì, ma mi avrebbe trattato con estrema educazione e gentilezza. ho visto tutto quello che è possibile vedere con f. buffa su sky, e tutto quello che è possibile vedere sul web, tutto. molto materiale anche più di una volta. e ho visto il nostro molto spesso sdilinquirsi e sperticarsi in complimenti eccessivi rivolti al suo interlocutore di turno (linus e nicola savino, per esempio, che non sono proprio platone e aristotele, ringraziati fino alle lacrime; daniele de rossi appellato quale "entità spirituale" (sic!), daniele adani riverito come un maestro di calcio, di vita, di saggezza. e così via. ed è tutto merito di una cosa. la targhetta. la targhetta può tutto.
quindi adesso è il momento di parlare dell'importanza della targhetta.
mettiamo di incontrare per strada una donna bellissima. giovane, perfetta. è probabile che, se non siamo cristiano ronaldo o non possediamo sostanze a otto zeri, ove tentassimo di entrare in contatto, ancorché casto, con essa, saremmo respinti con perdite. la soluzione? basta avere una targhetta. non siamo cristiano e non siamo milionari, ma guarda caso siamo registi, siamo giornalisti, siamo fotografi, lavoriamo nel mondo della tv o della moda. la ragazza sarà nelle nostre mani. un regista può far fare a un'attrice (o a un attore) praticamente qualsiasi cosa voglia. ma non per la persona che è, solo per il ruolo che ricopre. così come se incontro il buffa al bar non vorrà scambiare una parola con me, se lo invito a un simposio sarò ascoltato attentamente e subissato di complimenti. questa regola è universale e come dice qualcuno non soffre eccezioni.
non conta quindi quello che sei, ma quello che rappresenti.
ed è strano, forse, a pensarci bene. perché sarà anche vero, come dicono da molti anni ormai, che viviamo nella civiltà dell'apparire (e non dell'essere) ma è anche vero che viviamo nell'era dell'affermazione di noi stessi, della nostra individualità, del nostro pensiero, delle nostre convinzioni, sbraitate senza remore e senza vergogna in tutto l'orbe (anche io, come si è visto, vado fiero delle mie convinzioni e delle mie idee e anche io le vado sbraitando in tutto l'orbe). forse però le due cose non sono in contraddizione: l'autocelebrazione sui c.d. social network non è altro che uno dei modi in cui si concreta l'affannosa ricerca di un ruolo socialmente (appunto) rilevante.
non so. proverò a chiedere a Paolo.
scoreggiato da pim alle ore 02:45 0 commenti
mercoledì 25 agosto 2021
ho scoperto
c'è gente che quando ha sonno va a letto e dorme.
scoreggiato da pim alle ore 03:25 0 commenti
giovedì 21 gennaio 2021
giovedì 26 novembre 2020
Su Maradona
Federico Buffa ieri sera ospite d'eccezione nel salottino (Anna Billò, la signora De Araujo, e i suoi ospiti Capello Costacurta e Condò) dedicato ai commenti del dopo partita (Champions League, con la consueta grande prestazione dei nerazzurri) ha provato a fornire con un breve monologo di tre minuti un suo piccolo ritratto di Diego Maradona.
Vero che il Buffa si esprime meglio sulle lunghe distanze (il suo "storie mondiali" dedicato a Messico 1986 e intitolato "Diegoooo" è da vedere, come tutte le altre puntate) e personalmente l'ho sempre preferito in diretta (la vetta della telecronaca di un evento sportivo è una qualsiasi partita di NBA commentata da Buffa e Tranquillo), tuttavia anche nel breve tempo concessogli avrebbe certamente potuto fare meglio.
qui il videoEbbene, io che sono un suo ammiratore da tempi lontani (c'è la prova) credo che anche per il Buffa sia cominciata (è una legge fisica) la parabola discendente.
Non che uno non possa legittimamente adorare Maradona, ma per quanto mi riguarda ci sono dei limiti.
1) L'uomo e il calciatore
Buffa cita, condividendola, una frase di Mario Sconcerti, uno che in tutta la sua vita non è mai riuscito a dire una cosa giusta. E infatti dice che nel caso di Maradona, a differenza di Pelé (!) non si può e non si deve separare l'uomo dal calciatore. L'uno è anche l'altro. Francamente, una boiata pazzesca.
Come molto spesso accade (Alberto Tomba, John Lennon, quanti altri) l'uomo è molto, molto diverso e molto meno grande dell'artista.
Maradona è nato in un quartiere miserabile ma grazie al suo immenso talento è diventato ricco e famoso, ha vinto scudetti e campionati del mondo ed è considerato da molti il più forte calciatore di sempre (per me no, resta Edson Arantes). Bene. Ma è lui che, da ex miserabile, ha organizzato il suo matrimonio hollywoodiano che neanche il sultano del Brunei. E ai giornalisti tenuti fuori dal cancello che provavano a dire qualcosa ha pensato bene di sparare qualche fucilata. E' lui che si è fatto e strafatto di cocaina e per questo sospeso per doping più volte, lui amico di camorristi, lui che ha sparso figli a destra e a manca senza riconoscerli (o essendovi costretto), lui che, ricchissimo, si è fatto pignorare l'anello di diamanti all'aeroporto in quanto grande evasore. Lui che ha pianto tutte le volte in cui non era il caso, lui che ha giurato fedeltà e amore a squadre, persone, donne, uomini che poi ha regolarmente tradito. Lui che parla in terza persona. Lui che si è sempre dichiarato fiero e orgoglioso del gol fatto con la mano ai mondiali. Un uomo modesto, con tante macchie, un attore vecchio e sfatto che non è più in grado di recitare una battuta e che vive di un'immagine, un simulacro di sé stesso, privo di qualsiasi consapevolezza, fagocitato dal suo stesso mito.
E poi, diciamocelo, Maradona è sempre stato antipatico. Insopportabile, frignone, vittima, sempre sopra le righe, sempre una parola di troppo, sempre esorbitante, tracimante, retorico, melodrammatico. Il classico terrone, nella sua accezione deteriore. L'epitome del peggior meridionale. Quello che si lamenta perché sono tutti contro di lui, lui che viene dal niente e che combatte contro i potenti, lui che incarna il grande sogno di riscatto di tutti i poveri del mondo, lui che con il suo numero dieci si carica sulle spalle i destini di tutti i diseredati. Ecco, il riscatto.
2) Il riscatto del sud
Maradona è un simbolo. E' il simbolo del riscatto dei poveri contro i ricchi. Chi è stato, anche se solo per poco, a Napoli, ha compreso immediatamente che Maradona per i napoletani, per tutti i napoletani, non è una leggenda, un eroe, un mito. E' un santo. E come un santo viene venerato. La sua icona appare in ogni esercizio commerciale, contornata da lampadine, stemmi, chincaglierie, reliquie. A lui si rivolgono preghiere, lui è il Salvatore. Così come i santi sono puri e immacolati, così anche lui, qualsiasi cosa abbia mai detto o fatto (compreso mandarci affanculo in diretta planetaria - italia '90) non è "perdonato", prima ancora non è mai colpevole. Lo scudetto del Napoli del 1987 è stato il riscatto del sud martoriato e negletto contro il nord opulento e arrogante. E lui ne è stato il simbolo, l'alfiere, il Cid. Grazie a lui e solo a lui finalmente il sud si è preso la sua rivincita dopo secoli di oppressione. Qualsiasi napoletano, a prescindere dal censo e dal livello di istruzione, vi dirà che tutto è cominciato con il saccheggio del Banco di Napoli ad opera del Regno d'Italia. L'unità d'Italia ha arricchito il nord e indebolito il sud, dicono. E da lì, l'odio per lo Stato che latita, che non aiuta, che non c'è. La necessità di arrangiarsi, come si può e come si deve. Ma poi arriva Lui e, seppure per poco, seppure per un giorno, come in un sogno, cambia tutto. Oggi vinciamo noi. Vinciamo noi. E in un orgasmo collettivo non ci sono più la plebe e i nobili, Chiaia e Fuorigrotta, i Quartieri e Posillipo, il Vomero e la Sanità, Mergellina e Materdei. Siamo tutti insieme, tutti napoletani, tutti meridionali, tutto il sud, tutto il mondo di chi ha perso sempre e non ha vinto mai. E va bene così, viva Dieguito, che ha inventato un sogno e poi lo ha inverato. Ma lasciamolo lì, lasciamolo per quello che è stato, il gol su punizione alla Juve (1985), quello all'Inter (1985), quello al Milan (1988), quello - per me il più bello - alla Grecia con la nazionale argentina (1994), e tutti gli altri magnifici gesti compiuti sul campo. Tranne la mano, però, la celeberrima "mano de Dios", la mano di Maradona che è Maradona, la mano come simbolo, di nuovo, perché a noi è consentito anche rubare. No, consentitemi: il riscatto dei popoli oppressi, se tali sono - e se ne può anche discutere - non avviene con i gol. Avviene con la presa di coscienza e con la lotta. E puoi anche andare da Fidel e dal Papa, e lanciare proclami e invettive e incontrare Kusturica (orrido il documentario e penoso il commento del Buffa, per chi lo trova) e fare il fratello di tutti e piangere con tutti, ma non sarai per questo un santo. Lasciamoli stare, i santi, che sono un'altra cosa. Non chiedete a Valentino Rossi di salvare la vostra anima o pagarvi le rate del mutuo, accontentatevi di guardarlo mentre guida la moto. E così il pibe: non la mano, ma il piede sinistro che, da dentro l'area di rigore, sfiora un pallone che come un batuffolo bianco prende il volo e pianissimo ma velocissimo allo stesso tempo, contro ogni legge fisica (qui sì) supera la barriera e si insacca imparabilmente sotto la traversa.
scoreggiato da pim alle ore 13:39 0 commenti
domenica 2 agosto 2020
Prima di tutto in quanto donna
Prima di tutto in quanto donna.
scoreggiato da pim alle ore 03:16 0 commenti
sabato 6 aprile 2019
Quaestiones de iuris subtilitatibus
Qualche giorno fa mi è toccato di vedere un immenso poster della nuova stagione (si chiama così) della serie televisiva Gomorra, prodotta da Sky. Si tratta della quarta stagione. Copriva, il poster, tutta la facciata del palazzo del Comune di Milano di via Pirelli. Ora, io non mi sono soffermato sul fatto che Sky con i soldi dei suoi tanti abbonati produca serie televisive invece, per esempio, di acquistare (costerebbe infinitamente meno) i diritti per trasmettere dei film decenti. Sky paga lauti stipendi a personaggi come Massimo Marianella e Fabio Caressa, per non parlare di Beppe Bergomi e di quell'imbecille di Alessandro Costacurta. Pazienza. No. Mi sono soffermato - e non poco, nel mio piccolo - su di un altro versante, ovvero la funzione socialmente utile di Gomorra. Mi sono chiesto, la faccio breve, se sia socialmente utile una serie televisiva che sostanzialmente magnifica la camorra (uno mi può dire quello che vuole, ma è così). Poi mi sono detto che, evidentemente, chiedersi se una serie televisiva sia socialmente utile è una scemata. Anzi, mi son detto, chiedersi se qualsiasi cosa sia socialmente utile è una grande scemata. Di fatto, ho aggiunto, qualsiasi studio circa il ruolo sociale di qualsiasi cosa è ormai profondamente antistorico. Antistorico. Una volta la mia collega di studio, che vota il PD perchè è democratica, mi disse che fumare è antistorico. Di fronte a quella perentoria affermazione rimasi senza parole. Mi restò in testa quell'aggettivo. Mi resi conto che ormai la misura, anche etica, delle cose, non è data da codici inscritti, come avevo sempre pensato, ma da criteri afferenti la modernità. Se è moderno è bene, se è antico è male. Che è un po' come dire che il reale è razionale.
Se il reale fosse razionale non esisterebbe il capitalismo, e nessuna delle sue mostruose creature, come Chiara Ferragni e Maria De Filippi, che rappresentano una catastrofe per l'umanità. Ma non solo nessuno se ne accorge, tutti pensano che deve accadere, e siccome deve accadere è giusto che accada.
Invece no. Non è giusto. Il giusto esiste, e anche lo sbagliato, e io so cosa e dove sono. Non è giusto che ci sia un ritardato a presiedere un ministero, non è giusto che le persone siano indotte da un sistema criminale ad acquistare beni senza senso, non è giusto che si magnifichi la camorra.
Antistorico un cazzo.
scoreggiato da pim alle ore 03:59 1 commenti
lunedì 23 aprile 2018
Fìdati, è cioccolato
scoreggiato da pim alle ore 02:32 2 commenti
martedì 12 dicembre 2017
#siamotuttistupratori
Oramai è tempo, confessiamolo: siamo tutti stupratori. Inutile girarci intorno, lasciamo cadere la maschera, tanto in buona parte ce l'hanno già strappata. Il maschio è ontologicamente stupratore, hanno ragione le vecchie femministe americane degli anni '70 del secolo scorso. Come diceva Andrea Dworkin, lo stesso atto sessuale che si consuma con la penetrazione è violenza. Quando vediamo una donna che ci piace, anche poco, magari è solo un gesto, un vestito, uno sguardo, la scollatura, le gambe, le scarpe, i piedi, le cosce, il viso, i capelli, insomma quando sentiamo quella vibrazione lì, il nostro impulso è quello di prenderla, chi davanti, chi di dietro, chi a modo suo. E se con quella non ci va bene, o ci rifiuta, un minuto dopo ne arriva un'altra che va altrettanto bene. Sono tutte prede potenziali, e sono pure tante. Certo, ci piace corteggiare, ci piace essere romantici, fare doni, scrivere poesie, ma alla fine vogliamo arrivare lì, in penetralibus.
Fin da quando siamo piccoli ci abituiamo a quella presenza in mezzo alle gambe, ci giochiamo, lo tocchiamo, lo vediamo cambiare di dimensione e consistenza, lo guardiamo, lo spostiamo, lo misuriamo, da soli o in compagnia. A un certo punto cominciamo a masturbarci e non smettiamo più. E', il membro, l'epitome della mascolinità. Il nostro essere estroflessi, apollinei, razionali, come scrive Camille Paglia. Il nostro organo sessuale prima di essere tale è l'espressione più pura del pensiero e dell'ontologia maschile. Che è violenza, lotta, dominio. Anche solo fare la pipì come la facciamo noi non è che l'espressione della volontà di potenza, di possesso del territorio. Così come, con ogni evidenza, lo è l'eiaculazione. Grazie al nostro pisello siamo maschi, ci chiamiamo maschi, ci comportiamo da maschi. E lui ci conduce dove sa.
Quando subiamo un torto, desideriamo risolvere la faccenda da uomini, cioè a botte. Quando vediamo una donna attraente, desideriamo possederla, lì, in quel momento, non importa se in mezzo alla strada o per le scale. Oggi la nostra esistenza di maschi, per tutta la sua durata a partire dall'età della ragione, è contrassegnata dalla repressione del nostro istinto. Ci diciamo e riconosciamo che si tratta di un compromesso sano, non siamo mica nel far west. E' un mondo civilizzato, un consorzio maturo di persone evolute che si danno e condividono regole per una pacifica convivenza. Un mondo in cui la violenza non esiste più, ed è sublimata dai giochi della playstation o dalle partite di calcio, ultime tristi metafore della guerra.
Il diritto e la cultura hanno represso la nostra istintualità di maschi relegandoci prima nel sacro vincolo del matrimonio, con contestuale sanzione dell'obbligo di fedeltà, poi, nel mondo moderno dominato dal femminile, nell'impossibilità anche solo di esprimere una parola.
Come ho già scritto più e più volte, il mondo di oggi veleggia con sicurezza verso l'annientamento di tutto ciò che è maschio. Il diritto, l'industria culturale, il commercio, lo sviluppo software, la famiglia vanno in questa direzione. Donne e omosessuali hanno in mano le leve del comando. A sovrintendere il modo in cui prendiamo decisioni, desideriamo, comperiamo, andiamo in vacanza, ci vestiamo, guardiamo film e tv, cresciamo i nostri figli, ovvero in poche parole viviamo non sono maschi eterosessuali.
Come abbiamo visto, hanno ragione le donne a dire che sono tutte molestate, anche nell'accezione che si dà oggi al termine molestia. Ma lo saranno sempre meno, nel mondo dei prossimi anni in cui scomparirà definitivamente il maschio per lasciare posto solo alle femmine. Ieri un uomo poteva permettersi di tirarlo fuori in ascensore o piazzare la mano su un sedere, oggi si va in galera per una parola non gradita. Dire a una donna che ha un bel seno significa violare la sua libertà. E non è punto il caso di interrogarsi sul perché tutte queste donne molestate rivendichino il diritto a mostrare seni, gambe e culi per poi arrabbiarsi quando qualcuno fa loro un complimento.
Io, se avessi una Porsche, e se per caso la lasciassi parcheggiata con le chiavi inserite nel quadro e me la rubassero, non so se me la prenderei con il ladro, e sono abbastanza certo che se raccontassi l'accaduto ai miei amici maschi mi darebbero dello stronzo. Ma questo è certamente un altro discorso, e lo si farà, più o meno, nel 2097, quando saremo tornati all'età del bronzo e potremo riprendere a palpare.
scoreggiato da pim alle ore 17:22 1 commenti
mercoledì 8 marzo 2017
8 marzo forever
Favorevolissimo alla festa della donna.
scoreggiato da pim alle ore 00:59 2 commenti
giovedì 2 febbraio 2017
Gianfranca
La madre di mia nonna aveva due figli. Il primogenito, maschio, si chiamava Gianfranco, ed era il preferito della mamma. La seconda, mia nonna, Lucilla. Gianfranco morì per un fatto improvviso che non aveva dieci anni. Quando andarono a informarla della tragedia, la mia bisnonna si trovava con mia nonna e d'impulso disse: "non poteva morirmi questa invece?".
Mia nonna portò l'orrendo fardello di quella frase per tutta la vita.
Per tutta la vita cercò l'amore di sua madre, un gesto, una carezza, un complimento.
Quando aveva 90 anni la mia bisnonna cadde per le scale e si ruppe il femore, Venne portata in ospedale e da lì non uscì più. Mia nonna aveva cercato in tutti i modi di strapparla alla morte. Vedendo che si lasciava andare a poco a poco, le portava tutti i giorni cose buone cucinate o preparate da lei sperando che mangiasse, Pochi giorni prima della fine la madre in qualche modo si scusò con mia nonna e le disse che aveva sbagliato. Le parole esatte non le sa più nessuno ormai, ma mia nonna se le fece bastare. Non distrussero il fardello, ma so che lo resero più leggero.
Appena morto Gianfranco, la mia bisnonna aveva messo in azione il marito per un altro figlio. Era nata una femmina. Fu chiamata Gianfranca.
Per tutta la vita mia zia visse con l'orrendo fardello di una vita da sostituta.
Sposò un uomo che non la amava e che la trattava come una serva. Non avendo alcuna stima di se stessa accettò una vita infelice, amara. Ciononostante, si mostrava sempre allegra, sempre vitale.
Devastata dal cancro, ebbe una morte atroce,
L'unica cosa che fui in grado di fare per lei fu dedicarle un pensiero il giorno che superai l'esame di procedura penale comparata. Era morta da poco, e mi ricordo che uscendo in via Bergamini mi volsi al cielo e dissi Franca è per te. Non so perché lo dissi, era un modo per far arrivare la mia gioia a una persona che ne aveva vista poca. Mi vergogno di questo fatto. Ma è quello che è successo.
Adesso scrivo questo post pensando a mia zia Franca, che visse sempre accanto al fantasma del fratello premorto, e a mia nonna, che per tutta la vita attese una parola da sua madre.
Mia nonna non fu una buona madre per mia madre. Mia madre crebbe con la Franca, che le fece da mamma e da sorella maggiore. Con sua madre non andò mai d'accordo.
La Franca ce la mise tutta per essere una buona madre per i suoi due figli. Non so quanto riconobbero i suoi sforzi.
scoreggiato da pim alle ore 18:21 1 commenti
aspettando il pasticciere
essendo l'umiliazione di noi stessi e degli altri, in ogni forma possibile, il tratto distintivo dell'oggi, ad onta del dilagare dei "mi piace", che ne costituiscono invero il versante necessario, non stupisce che un film ORRIDO come Whiplash sia stato coperto di elogi da parte della critica compatta. addirittura ho letto di qualcuno che ha scomodato nientemeno che Il Soccombente di Thomas Bernhard, a suffragare discendenze letterarie alte.
Whiplash, del giovanissimo e stronzissimo Damien Chazelle tratta dell'educazione sentimentale di un giovane aspirante batterista attraverso la sua continua umiliazione da parte del suo insegnante.
la frase centrale del film, che racchiude la poetica del regista, è che non bisogna mai dire a uno che ha fatto un buon lavoro (good job), anzi è la cosa peggiore che gli si può dire, perché se gliela si dice questo smette di impegnarsi, mentre invece se lo si mortifica in ogni modo diventerà davvero bravo.
non stupisce dunque nemmeno che un musical che ha come protagonista Ryan Gosling sia stato già giudicato, dalla stessa critica, un capolavoro.
io già odio Ryan Gosling (questione di faccia, di gesti, di ruoli, di atteggiamenti, di comportamenti); già Chazelle non mi è simpatico, figuriamoci.
preferisco aspettare, a questo punto, un musical imperniato sulla figura di un pasticciere trotzkista nell'Italia degli anni'50.
scoreggiato da pim alle ore 18:17 0 commenti
martedì 13 dicembre 2016
#noallaviolenzasuimaschi
un fiume impetuoso scorre dentro di me. costringerlo nel misero alveo di questo scritto non fa che aumentarne l'intensità. ma es muss sein, come disse quel tale.
non è più accettabile osservare come placidi mentecatti la distruzione programmatica di noi stessi.
non solo il femminicidio (inteso come deve essere inteso, ovvero come omicidio di genere) non esiste, e di questo abbiamo già scritto. non esiste nemmeno la violenza sulle donne. lo scrivo in modo più comprensibile:
la violenza sulle donne non esiste
quello che esiste è la violenza sui maschi
non conosco, né ho mai conosciuto in 50 anni di vita, personalmente o attraverso i racconti e le confessioni di altri, una donna che abbia subito violenza psicologica o fisica da un maschio. anzi, no. mi correggo. una. una signora in sicilia, vittima, lei sì, di un marito pazzo da legare. una.
quello che invece conosco, personalmente e attraverso i racconti e le confessioni di tanti, sono maschi che subiscono violenza fisica e psicologica da parte delle donne.
i maschi subiscono continuamente violenza da parte delle donne. e sono talmente annichilati da non riuscire nemmeno più a esprimersi, a ribellarsi, a fare alcunché. mentre le donne tuonano da ogni parte contro un fatto che non c'è, gli uomini continuano sistematicamente a subire.
subiscono in famiglia, all'interno delle omertose mura domestiche, dove le mogli li aggrediscono, li umiliano, li sbeffeggiano, gli si rivoltano contro, urlando, ricattando, minacciando, e a volte menando le mani o peggio.
subiscono fuori dalla famiglia, quando le donne, esasperate per non avere avuto un uomo all'altezza delle loro ambizioni, dei loro desideri, preparano la separazione, un procedimento attraverso il quale il maschio viene spogliato di ogni bene, defraudato del proprio ruolo di padre, costretto a vivere in miseria per garantire alla signora lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio, in virtù di un principio che non esiste nella legge e che nasce dalla giurisprudenza consolidata da donne magistrato.
le donne hanno perduto, in questa fetta di salame che è il nostro evo, la loro ontologia. l'hanno tradita, l'hanno pervertita. gli uomini l'hanno a loro volta smarrita. si sono messi a osservare, con beata stolidità, la progressiva spoliazione di ogni senso di mascolinità all'interno della società e della famiglia. la scomparsa del ruolo del padre e del compagno. la scomparsa del genere, anche nel vocabolario della lingua italiana. un fatto spaventoso, cui i giornalisti alla cazzullo plaudono tutti contenti. forse pensavano, pensavamo, dovrei dire, perché è la mia generazione che ha generato tutto questo, di scopare di più. andare dietro alle donnine e dargli il contentino le avrebbe rese più docili, meno rompicoglioni. ce l'avrebbero data di più. invece no. giustamente la donna 2.0 si lamenta che i maschi non esistono più. perché anche la donna più ridicola, alla boldrini, per capirci, quella che vuole dire presidenta e sindaca e magistrata, anche lei vuole, vuole fortissimamemte essere presa da dietro e chiavata, tenuta a faccia in giù mentre il cazzo del suo uomo la scopa come si deve. non esiste donna al mondo che non lo voglia, e questa è la verità.
l'uomo moderno, femminilizzato nella forma e nel contenuto, reso impotente dalla moda e dalla pubblicità del mondo capitalistico, non è più un maschio. e se continuerà su questa strada, perderà anche l'unica cosa che ancora gli resta di diverso rispetto alla donna: la forza fisica, buona ormai solo per prendere gli articoli più in alto sugli scaffali dei supermercati.
allora vengo alla pars construens.
donne, uomini: ritrovate la vostra ontologia.
una donna vuole un uomo, e un uomo una donna.
non c'è uomo che non desideri innalzare la propria donna su un piedistallo, e venerarla, e adorarla, e compiacerla, e darle attenzioni, e rispettarla. non c'è piacere più grande per un uomo della soddisfazione della sua compagna.
nello stesso tempo non c'è soddisfazione più grande per una donna di sentirsi amata, rispettata e venerata dal suo uomo, purché sia un uomo, e si comporti da uomo, e la protegga, la curi, le dia attenzioni, si preoccupi dei suoi bisogni.
questo vogliono le donne, è la loro ontologia. essere rispettate e protette. così una donna può dare tutta se stessa al proprio uomo, in una misura che un uomo non può nemmeno immaginare, con uno spirito di devozione e sacrificio che solo la donna, ontologicamente, ha.
dunque la soluzione non è cambiare le desinenze dei sostantivi, amiche mie.
le desinenze dei sostantivi, la dieta, la palestra, le pari opportunità, le quote rosa sono perversioni della sottocultura capitalista che permea il mondo moderno.
basta con le bugie: smettetela di insistere su un fatto che nessuna di voi ha mai conosciuto. smettetela voi di violentare i vostri uomini, di trattarli come poveri deficienti, di servirvi di loro come utensili, smettetela di riempirvi la bocca di luoghi comuni completamente privi di senso (tipo "le donne sanno fare più cose insieme"), smettetela di essere banali, di dire cose banali, rimasticate, trite e ritrite, smettetela di essere tormentate dal consenso altrui, tornate ad essere quello che siete. gli uomini vi amano per quello che siete, ontologicamente, ovvero accoglienti e conservatrici. le altre donne, le vostre vere rivali, faranno la loro gara, come è in natura. il nuovo femminismo non vi farà trovare alleate, ma nemiche silenziose, e nello stesso tempo perderete quello che più desiderate.
forse il processo è inarrestabile. forse siamo nella curva verso il basso, e solo i nostri pronipoti vedranno un mondo diverso, nel quale l'uomo va a caccia e porta a casa il cibo per la sua famiglia, dopo avere combattuto e vinto e superato molti ostacoli, torna a casa dalla sua donna accogliente e devota e dai suoi figli che lo aspettano e gli corrono incontro, e tutti insieme a tavola si guardano negli occhi e sono felici.
scoreggiato da pim alle ore 15:25 1 commenti
Etichette: questione ontologgica
sabato 21 novembre 2015
le canzoni salvano la vita
dimmi che anche tu abbracci l'armadio
che anche tu appoggi la faccia sullo stipite della porta
che anche tu non riesci a dormire
dimmi che anche tu invochi
dimmi che anche tu cadi per terra e ti fai male
dimmi che anche tu continui a sperare, nonostante tutto. che a un certo punto non ci credevi più, poi hai cominciato a crederci ancora e quando hai cominciato ti hanno accoltellato.
dimmi che lo sai che sei un sacco di merda e che le tue parole e le tue azioni non salveranno nessuno.
sinfonia otto. primo movimento. furtwängler.
scoreggiato da pim alle ore 02:18 5 commenti
lunedì 2 marzo 2015
ho incontrato federico
è successo qualche mese fa, prima di natale. avevo preso appuntamento con Giovannangelo per scambiarci gli auguri. un'occasione per vederci.
quando sei con Giovannangelo può succedere di tutto, egli è, sebbene suo malgrado, un essere demiurgico, è capace di modificare la realtà. è come se avesse dei superpoteri che non so decifrare. quello che so è che quando c'è lui le persone e le cose smettono di funzionare e si mettono a dire e fare cose strane. è vero. è una specie di disturbatore involontario di segnale. un jammer del reale. è per quello che mi piace, Giovannangelo, è un baco del sistema. me ne ha combinate di tutti i colori, ma gli voglio bene e per un certo periodo ho desiderato di adottarlo, anche se è solo di pochi anni più giovane di me. secondo me tutti i maschi adulti a una certa età dovrebbero adottare un giovane uomo, o anche più di uno, come si usava nei tempi che furono.
insomma, dopo i saluti e gli abbracci di rito siamo andati a mangiare un panino nel bar di fronte allo studio.
ci accomodiamo nella zona soppalcata. mentre chiacchieriamo amabilmente intorno alla sua ultima ossessione, il celeberrimo passo di Gai Inst, 4,21 - Giovannangelo sostiene che il vindex non agiva pro se ma alieno nomine in qualità di mero garante, mentre tutta la dottrina romanistica da sempre dice il contrario - mentre mi dice che secondo lui il solebat in realtà è la corruzione di volebat, fa la sua apparizione nel locale Federico.
di lui ho scritto un panegirico qualche anno fa. all'epoca era conosciuto solo dai pochi, mentre adesso è una superstar della televisione (e non solo, come dirò più avanti). lo sto studiando da tempo: ha molta stima di sé e di quello che fa. eclettico, di cultura superiore alla media, sa fare buon uso della parola, ama certamente le cose belle (che per lui includono bei vestiti, buon vino, bei mobili). ogni tanto incappa in deplorevoli strafalcioni (per esempio storpiare Diana Rigg in Diana Ray- reato di lesa maestà - oppure chiamare Tony Curtis con il nome di Schultz invece che Schwartz), ma chi è senza peccato.
entra Federico e io immediatamente urlo: "eccolo, il numero uno, il numero uno!". Giovannangelo mi guarda con comprensibile stupore. Federico, giù di sotto, resta immobile. ordina qualcosa al bar. io mi interrogo sul da farsi, non capita tutti i giorni di incontrare uno dei propri idoli viventi. urlare una seconda volta è inopportuno: con tutta evidenza il mio idolo, che non può non avermi udito, non vuole essere tormentato. scendere e affrontarlo da fan, con guance imporporate, bava e l'immancabile balbuzie, potrebbe peggiorare la miserabile figura che ho già fatto.
risolvo di restare a chiacchierare del vindex con G. ma qualcosa devo fare. non posso lasciare le cose così. devo entrare in contatto con lui. lascio che sia l'istinto a guidarmi. invito G. a ritenere chiuso il pranzo, dal momento che i panini e le birre sono stati terminati, e scendiamo verso il bancone, dove F. sta bevendo qualcosa.
appena gli passo accanto noto che i suoi scarponcini hanno le stringhe slacciate e gli dico: "guardi che ha le scarpe slacciate". lui mi risponde: "sì, è intenzionale".
mentre pago le consumazioni, Federico - e qui sta tutto il mistero dell'episodio - contravviene alle sue intenzioni e appoggia, prima uno e poi l'altro, i suoi scarponcini sul primo gradino della scalinata e si allaccia le stringhe.
non sono soddisfatto. mi siedo con G. a un tavolino fuori del bar per fumare una sigaretta. so che Federico deve uscire prima o poi. infatti dopo pochi minuti esce. dico a G. che dobbiamo seguirlo. naturalmente G. non sa chi sia, e le mie risposte alle sue interrogazioni sul punto sono confuse e sbrindellate.
Federico entra nello stabile in cui si trova il mio studio. vuoi vedere che viene da me? no. si infila nel teatro che sta accanto, dove, scoprirò di lì a poco, terrà un one man show sulle olimpiadi del 1936.
da me invece viene G., e già che ci siamo ci fumiamo un'altra sigaretta.
scoreggiato da pim alle ore 20:15 2 commenti