mercoledì 28 novembre 2007

la mia calabria

dal punto di vista della milanesità, sono un mezzo relitto.
sono figlio di genitori milanesi e nipote di nonne milanesi.
conosco e parlo il dialetto (poco, perché non c’è nessuno con cui parlarlo).
mi sento l’ultimo baluardo della milano che non è più.
tuttavia, non dimentico di avere un nonno piemontese, che mi dà il cognome, e un nonno calabrese, che mi dà l’aspetto.

la calabria è una terra disgraziata. dal punto di vista geografico e orografico.
come sappiamo, è la terra che crea i suoi abitanti.
i calabresi hanno la sfortuna di nascere in un territorio difficile, ostile all'uomo.

la civiltà si interrompe in campania e riprende in sicilia.
in mezzo, ci sono 450 km di vuoto.
non ce l’ho con i calabresi (ci mancherebbe altro), né con la calabria.
però resta il fatto che la calabria è rimasta una terra primitiva.
né i greci, né i romani, né i bizantini, né i normanni, né gli aragonesi, né nessun altro è mai riuscito a fare qualcosa in quella terra malnata. non si sono segni della cultura occidentale che si possano minimamente paragonare a quelli che troviamo a napoli, a benevento, a palermo, ad agrigento, a catania, a siracusa, a lecce, perfino a matera.
perché?
attribuisco la colpa al suolo. alle montagne. a quelle coste complicate.
i calabresi, giustamente, guai a toccargli la calabria. farei così anche io.
ma mi viene spesso fatto di pensare a cosa sarebbe stata l’italia, cosa sarebbe anche oggi, se sotto il golfo di salerno ci fosse la sicilia.

se qualcuno riesce a crearmi questa immagine (magari spostando la calabria sotto a s. maria di leuca) gliene sarei grato.

martedì 27 novembre 2007

testimoni

poi, finalmente, ho capito.
non è la risposta. non è la soluzione.
sono lì, semplicemente.
per noi sono sempre state lì, e ci saranno sempre.

la fine comincia nel primo momento in cui volgiamo lo sguardo al cielo
eccolo, il peccato originale. la beffa della creazione.
cercare. chiedersi. domandare.
ovvero fuggire, nascondersi.

allora, quello che dobbiamo fare non è attardarci sull'esistenza, sulla percezione.
è vivere ogni giorno lo sgomento
guardare le stelle.

domenica 25 novembre 2007

voices

sarà solo suggestione o paura o chissà che, ma per me federico bernocchi, matteo bordone e luca sofri hanno la stessa voce.
o forse usano lo stesso microfono malandrino.

sabato 24 novembre 2007

porno e violenza

oggi a roma c'è la manifestazione contro la violenza maschile sulle donne.
si tratta di "un percorso politico collettivo nel quale si sono riconosciute donne singole, collettivi, associazioni femminili, femministe e lesbiche da tutta Italia che hanno condiviso e promosso la manifestazione nazionale" (dal sito www.controviolenzadonne.org)

non ho partecipato alla manifestazione. l'occasione mi concede tuttavia l'opportunità di trattare un argomento che sebbene superato sta nondimeno interessando le mie letture del momento: la pornografia come causa o concausa della violenza maschile sulle donne.
si tratta di brani tratti da opere di esponenti dei movimenti radicali femministi dagli anni '70 in poi.
ritengo opportuno chiarire che, in quanto fruitore entusiasta di materiale pornografico da quasi trent'anni ed esegeta silenzioso da venti, non condivido quasi nulla di quanto segue. trovo tuttavia geniali, seppur datate, alcune dichiarazioni. è il motivo per cui le trascrivo.
in ogni caso, il mio parere non è importante.

andrea dworkin: il meccanismo dell'atto sessuale è intrinsecamente e inevitabilmente degradante per le donne. nell'universo della liberazione sessuale l'obbligo di godere viene esteso alle donne nella forma dell'obbligo di godere nell'essere godute. la propaganda sulla femminilità insegna ripetutamente alle donne, senza mai fermarsi, che deve piacere loro il rapporto sessuale, e la lezione deve essere impartita ripetutamente, senza mai fermarsi.

catherine mackinnon: la sessualità come tale è ancora centrata su ciò che altrimenti sarebbe considerato l'atto riproduttivo, ovvero il rapporto sessuale: penetrazione del pene eretto nella vagina (o orifizio sostitutivo appropriato) seguito da spinte fino all'eiaculazione maschile; l'espressione letterale del potere maschile è l'uso intenso e ripetuto del pene. il pene è centrale, qualsiasi sia l'azione e l'ambiente. la misura della sua durezza e la frequenza del suo uso significano virilità. Nella pornografia il pene viene mostrato mentre si conficca ripetutamente nella donna, e ciò perché è stato realmente conficcato ripetutamente in una donna. il porno mostra come gli uomini vedono il mondo. mostra cosa vogliono gli uomini e glielo dà. la difesa liberale della pornografia è una difesa della subordinazione delle donne. la pornografia causa attitudini e comportamenti di violenza e discriminazione che definiscono il trattamento e lo status di metà della popolazione

susan brownmiller: il porno è un'invenzione maschile progettata per deumanizzare le donne (le femmine non sono che balocchi anonimi e ansimanti, giocattoli per adulti, oggetti deumanizzati da usare, abusare, rompere e scartare). tutto ciò è anche la filosofia di fondo dello stupro

roxanne dunbar: il porno in quanto tale, come discorso complessivo e costruzione estetica, costituisce violenza contro le donne e va equiparato al linciaggio

ti-grace atkinson: le donne sposate o conviventi con un uomo sono "collaborazioniste"; l'atto sessuale è un'istituzione designata a consolidare i ruoli e quindi a perpetuare l'oppressione femminile

charlotte bunch: per la lesbica concedere sostegno e amore agli uomini significa perpetuare il sistema che la opprime

kate millett: la rivoluzione sessuale impone una cultura che facilita agli uomini l'accesso sessuale alle donne, diminuendo nel contempo le meccaniche della loro responsabilità

bibliografia:
Pietro Adamo, il porno di massa, cortina, 2004
Andrea Dworkin: pornography: men possessing women; right-right women; woman hating; letters from a war zone
Kate Millett: la politica del sesso
Germaine Greer: l'eunuco femmina
Luce Irigaray: questo sesso che non è un sesso
Angela Carter: the sadeian woman and the ideology of pornography
Beatrice Faust: donne, sesso e pornografia
Susan Griffin: pornography and silence
Catherine MacKinnon: toward a feminist theory of the state; only words; sexual harassment of working women; feminism unmodified
Susan Brownmiller: against our will: men, women and rape;
Shulamith Firestone: la dialettica dei sessi

mercoledì 21 novembre 2007

conduttori e massoni

la sera, per lo più, guardo la televisione.
per lo più guardo film. se non ci sono film, guardo lo sport. se non c’è sport, guardo i simpson.
non mi interessano i telefilm. non mi piacciono i programmi format. odio ferocemente alcuni programmi televisivi.
tu dici ma se non li guardi, come fai a sapere? beh, io faccio molto zapping e ogni tanto mi fermo un minuto qui e là.
i programmi più pericolosi, quelli che traviano la gioventù, sono tutti quelli di mtv e tutti quelli di maria de filippi (persona che ritengo una catastrofe per l’umanità).
un programma certamente orrendo, per la manifesta bassezza umana e mala fede del suo conduttore è "matrix".

ma il programma più brutto di tutti è quello che va in onda su raitre il martedì sera.
quello condotto dal primo della classe, l’uomo con la bocca senza labbra. quando vedo una bocca così, mi domando come possa una donna pensare di baciarla.
questa trasmissione è una fasullata, una baracconata, un insulto all’intelligenza (come direbbe michael corleone).

innanzi tutto il nome: un quartiere di palermo. certo, mica poteva chiamarsi "parioli" o "vomero" o "santa croce". no. ci voleva il nome di un quartiere popolare di una bella città del sud, noi che siamo vicini ai nostri amici terroni.

poi, la sigla. una bella musichetta (di cirque du soleil) allegra, popolare, leggermente malinconica, amarognola ma penetrante, certo evocativa: il bistrot parigino, la pioggia leggera, l’insegna del metrò, l’autunno. un po’ come biscardi, che metteva in sigla i neonati biondi che giocavano a palla prima di presentare franco melli, xavier jacobelli e il magistrato calabrò.

il logo, che scimmiotta smemoranda, cuore, il cartone, il fumetto.
tutto ciò a significare non più l’impegno orientato verso il disimpegno, ma il disimpegno orientato verso l’impegno.

il dibattito politico: bersani, brunetta, tremonti. altri. facce, smorfie, lasciami finire io non ti ho interrotto non mi interrompere.
mi domando, anzi domando all’ignoto telespettatore se alla fine della trasmissione si sente arricchito da ciò che ha visto o sentito, se il serrato confronto politico cui ha assistito gli ha chiarito le idee, ha sciolto i suoi dubbi. se ritiene la trasmissione un "approfondimento", insomma se va a a letto soddisfatto, dopo aver spento la tele.
almeno vespa va in onda tardi e tutti lo guardano dalla camera da letto per addormentarsi saporitamente. questo invece va in onda alle 21.

qualche sera fa il conduttore era ospite unico a otto e mezzo. sentite le prime lodi sperticate, ho cambiato. il programma di ferrara l’ho visto per anni. è diventato inguardabile, come illeggibile il suo giornale.
per concludere intorno all’orrido in argomento, ho scoperto su wikipedia che il conduttore è "notoriamente massone".

anche io ho coltivato per lungo tempo l’idea di diventare un fratellino col grembiule.
dopo aver compulsato doviziosa bibliografia, mi procurai un incontro con un maestro venerabile. persona squisita, delicatissima, fine, elegante, d’animo nobile e buono. un vero signore. lo conoscevo e lo stimavo già, prima di sapere della sua autorità. è morto da poco, e mi piace poterlo ricordare e salutare.

comunque, all’incontro vennero con me due amici, entrambi avvocati. uno voleva diventare massone per fare carriera, l’altro fece due domande per lui decisive ("quanto costa?", "non ci sono donne, vero?"). nessuno di noi tre, a quanto mi consta, è ancora entrato nel giro.
eppure, la massoneria ha il suo fascino. è nemica della chiesa, cerca la Verità, conosce la Tradizione, coltiva la cultura, insegue la saggezza, postula l’ascolto, sostiene la fratellanza.
anche se al suo interno ci sono degli imbecilli (lo disse anche il maestro, in quell’incontro), non è un buon motivo per lasciar perdere.
continuerò a pensarci su.

giovedì 15 novembre 2007

john dall


sono stato un po' in sicilia e stasera me ne vado nelle marche. alloggerò in un albergo nel quale l'ultima volta mi sono trovato il tappetino del letto pieno di vetri sminuzzati.

ma non disperate, babbini, tra qualche giorno riprendo ad abbaiare.

per l'intanto segnalo che l'altra sera sky ha trasmesso la sanguinaria, film bellissimo con il grande john dall (e peggy cummins) diretto da un maestro dei b-movies, joseph h. lewis. famoso per la sparatoria ripresa in piano sequenza dal sedile posteriore.



venerdì 9 novembre 2007

questione morale

ho esagerato di più io sul mio blog sconosciuto a dire del lezzo delle pagine del famoso giornalista scomparso, o quelli che sul loro blog famoso lo ricordano perché ha parlato bene della squadra del cuore?

giovedì 8 novembre 2007

la verità, vi prego, sull’amore

se penso al numero, forse non piccolo, dei miei amici, faccio fatica a trovarne uno disposto ad ascoltare.
chi gravato dal pregiudizio, chi dall’egoismo, chi dai suoi fantasmi, chi non vuole, chi non può.
quindi ho pensato di rivolgermi a un professionista: lo psicanalista. uno che viene pagato per ascoltarti.
un po’ come la puttana, che pago per non doverle dire che le voglio bene, qui pago uno sconosciuto col quale poi sono esonerato dalla birra con pacca sulla spalla.

sono tutti lì a parlare d’amore. voglio amare, quanto amore ho da dare, che bello amare e via così.

chiedere non è sempre un atto di umiltà. lo è nella misura in cui supero le stupide barriere dell’orgoglio e mi pongo nudo davanti a te. non lo è se cerco soddisfazione, anche spirituale.
chiedere spesso è un atto di aggressione, di cieca autoaffermazione.
così come non chiedere perché non si vuole dar fastidio.

continuo a sperare l’agire degli esseri umani affrancato dal rapporto di forza, ma è sempre più difficile.

ho compiuto anche io azioni meschine, miserabili
ma ti sto cercando
non la tua intelligenza, non il tuo sapere.
la speculazione non serve a niente, ciò che ti chiedo è il tuo corpo.

e poi, se posso,
prima di parlare d’amore, di chiedere amore, affetto, amicizia
forse dovremmo provare a chiedere scusa

notte brava

ieri sera ho visto su sky il film nuovomondo del regista italiano crialese. un film sopravvalutato, come è ovvio. la storia non è originale. i gesti autoriali (che il nostro cinema ci riserva sempre) sono a volte notevoli (gli ortaggi; la nave che si stacca dalla banchina) a volte incomprensibili (le nebbie, i silenzi), i fellinismi come sempre evitabili. i mezzi non si sprecano. si fa economia, non intimismo, e si vede. gli americani, manco a dirlo, sono i soliti idioti e il finale, purtroppo, lascia la lacrima giusto sulla palpebra.

successivamente, dopo aver goduto della notizia che la seconda squadra di milano ha fatto strame dell’ennesimo agnello sacrificale, ho pensato di andare a letto. niente da fare.
mi sono alzato e ho quindi provveduto ad acquistare un film porno grazie alla pay per view. pessimo. filmaccio gonzo semiamatoriale. sono stato ingannato dal titolo (segretarie tuttofare). l’unica attrice che mi piaceva faceva pena.

poi, in attesa del sonno, ho visto:
- cronisti d’assalto (per l’ennesima volta). ron howard è un regista che mi sta un po’ sulle palle. però il film, scritto anche questo da david koepp, mi piace. e poi c’è il grande randy quaid.
- napoleon dynamite (terza volta). fantastico. e basta.
- una relazione privata (seconda volta). me lo ricordavo poco. ho scelto la visione in lingua originale, così ho sentito la viva voce di uno dei miei miti, nathalie baye.

ho raggiunto il letto alle 5.30

mercoledì 7 novembre 2007

il caffè

scrivo questo post stanco delle sue lamentazioni per uscire alla luce.

sappiamo che il cibo, e ancor più le bevande che lo accompagnano e vi fanno da contorno, rappresentano un fatto culturale.
al di là della necessità di riempirsi la pancia, nei secoli cambiano abitudini, gusti, preparazioni, ingredienti.

il caffè nasce come bevanda della borghesia. nel diciassettesimo secolo i commercianti cominciano, grazie alle colonie, a importare spezie dai paesi d’oltremare, e scoprono il caffè.
il caffè è la bevanda delle transazioni commerciali.
i commercianti concludono i loro affari davanti a una tazza calda della "loro" bevanda in un locale che proprio dalla bevanda trarrà il suo nome comune.

la stessa borghesia che riprova oggi l’uso dell’oppio a fine pasto è la stessa che impose tre secoli fa la sua droga.

ora, io non bevo il caffè. non lo bevo non tanto perché non mi piace quanto perché mi fa stare male, malissimo.

quello che però vorrei fare capire è che chi beve il caffè compie un gesto rituale che non ha nulla a che vedere con il gusto, il sapore, l’eccitazione, la digestione, la carica energetica.
compie un gesto culturale, borghese, socialmente apprezzato in quanto condiviso, e appartenente a tutta una serie di gesti socialmente necessari.
ciò non vuol dire che il caffè non vada bevuto o che non sia buono, o che uno non ne possa bere quanti ne vuole.
l’importante, quando si beve il caffè, è che si riconosca, per quanto piacevole sia il risultato, di compiere un gesto indotto e quindi non del tutto volontario. un gesto sociale. tra qualche tempo sparirà e arriverà (o tornerà) qualcos’altro.

alla vostra.

martedì 6 novembre 2007

bad influence

curtis hanson è un buon regista. uno come tanti, in america. come non ce n’è nemmeno uno da noi (da noi ci sono gli autori). ha diretto, tra gli altri, cattive compagnie, scritto da david koepp, che è un bravo sceneggiatore.

la frase più bella del film è questa: "ehi, tony è un ragazzo eccezionale!".

tony, o meglio alex, è un criminale, ladro e assassino.
il barista che pronuncia la frase per difendere tony non lo sa, ovviamente, però è sicuro che il suo amico sia un ragazzo eccezionale.

koepp ha capito che il bello del mondo è proprio questo. che c’è sempre qualcuno disposto a giurare su sua madre che quello è "un ragazzo eccezionale".

anche io son già lì che mi sento un ragazzo eccezionale, solo per aver scritto questo post.

morti

i morti, è opportuno ricordarli.

nils liedholm. mio padre e mio nonno l’avevano anche visto giocare. l’avranno detto in tanti, e avranno fatto bene: un signore.

roberto bortoluzzi. mi ricorda quello che ricorda a tutti. cioè quando ero bambino e mio padre, quando tornavamo in macchina dalle nostre gite domenicali, sentiva alla radio i secondi tempi delle partite.

enzo biagi. una persona squallida. un pessimo giornalista. servo dei padroni per tutta la vita. ha mangiato nel piatto della fiat per quarant’anni mentre biascicava sull’indipendenza della professione (un po’ quello che fa oggi furio colombo).
i suoi articoli non valgono niente. i suoi reportage fanno schifo. le sue apparizioni in video (mi piace ricordare il suo duetto con benigni) quanto di peggio la rai potesse ammannire. i suoi libri puzzano di merda. dopo aver visto il ritorno suo, di santoro e di luttazzi mi convinco dell’opportunità dell’editto bulgaro.
aggressivo e cattivo sotto le spoglie della mitezza e della amabilità.
ripetitivo, ipocrita, falso, bugiardo, venduto, ignorante.
non vedo l’ora di sentire cosa dirà di lui il suo degno epigono, fabio fazio, altro essere spregevole e pericoloso.

lunedì 5 novembre 2007

la vita agra

alla fine del bellissimo "baci rubati" un uomo, fino a quel momento misterioso, si avvicina alla protagonista femminile e le dice: "scelga me, io sono definitivo".

chissà se anche nel resto del mondo la parola "precariato" ha un significato intriso di disvalore come da noi.
in italia piace fare abuso di semantica.
precario è male. stabile è bene. perché?
io, ben felice di non essere cresciuto nel circolo gramsci sotto casa, lo so.

perché è un mondo di schiavi e di automi.
le persone non pensano, ripetono.

tutto è ripetizione, e mimesi.
non solo il lessico, il gesto. è il pensiero.
e non è solo il suv, la scarpa, la battuta di zelig. è anche il bio-tutto, l’eco-tutto, il natura-tutto.
disprezziamo l’uomo sullo yacht, ma l’anarchico, l’incendiatore mascherato di cassonetti, il graffitaro sono figure altrettanto patetiche. simulacri di libertà.
la repressione dell’individuo è già stata realizzata compiutamente.

ieri su sky trasmettevano la vita agra, tratto dal romanzo omonimo di bianciardi. il film, come sempre, non è all’altezza del romanzo. il protagonista a un certo punto si duole di aver firmato tre anni di cambiali per comprarsi la casa.
tre anni.
da noi ormai i trent’anni sono la normalità.
in giappone, mi diceva un amico, è normale stipulare mutui su tre generazioni.

il rapporto di lavoro a tempo indeterminato è la certezza della schiavitù. la busta paga è la porta per il paradiso. ci consente l’accesso rapido al credito, al consumo, alla morte.

da noi è normale pensare di indebitarsi per trent’anni per comprare un tetto senza il quale moriamo di freddo.
ecco, non dovrebbe essere normale.